Corriere della Sera

«In Israele la sinistra è scomparsa perché Rabin e Barak si fidarono di Arafat»

E su Netanyahu: «Si dimetterà per scandali e processi»

- Dall’inviato a Gerusalemm­e Aldo Cazzullo

B enny Morris ha l’età di Israele. Nato nel 1948 nel kibbutz di Ein Hahoresh, con il suo libro Righteous Victims — pubblicato in Italia da Rizzoli con il titolo Vittime: 941 pagine di sofferenza ma anche di piacere intellettu­ale — ha cambiato il nostro modo di pensare la storia del Medio Oriente.

Professor Morris, perché ha vinto Netanyahu?

«A causa della demografia: ortodossi e sefarditi fanno più figli, e quasi tutti votano a destra. E per responsabi­lità degli arabi israeliani: molti odiano Israele e non votano, favorendo lo statu quo».

A Gerusalemm­e non cambierà nulla, quindi?

«Al contrario. Cambierà tutto».

Perché?

«La vittoria di Netanyahu è una vittoria di Pirro. Entro un anno gli scandali e i processi lo costringer­anno a dimettersi».

Chi gli succederà?

«Un altro uomo del Likud. Non so chi».

Come passerà alla storia Netanyahu?

«Be’, la maggioranz­a degli storici sono di sinistra, quindi ne scriverann­o male…».

Lei viene da sinistra ma ne è stato molto criticato, quindi il suo giudizio è obiettivo.

«Lo considero un cattivo leader e un uomo corrotto. Anche se gli vanno riconosciu­ti alcuni meriti. È stato cauto: non ha fatto guerre inutili; e non ha corso rischi bombardand­o l’iran».

Cosa accadrà dopo di lui?

«Può accadere di tutto. Le cose possono migliorare ma pure peggiorare. Di sicuro, l’idea che il Medio Oriente sia immobile è un abbaglio clamoroso. Tenga conto che siamo alla vigilia di un cambiament­o anche nel campo avverso».

Abu Mazen è finito?

«Sì. Sarà presto sostituito. Non so dirle se il suo erede sarà più moderato o più radicale».

Israele non è mai stato così sicuro? O l’iran può minacciarl­o?

«Israele è sempre in bilico. Sono certo che l’iran stia proseguend­o il suo programma nucleare. Va fermato».

Come?

«Ci sono soltanto due strade. Sanzioni severe che ne blocchino l’export e mettano in ginocchio l’economia. O le bombe. Poi c’è minaccia».

Quale?

l’altra grande

«I palestines­i. Non hanno mai rinunciato a distrugger­e Israele. La pace è impossibil­e, perché per fare la pace ci vuole un partner. E come fai con uno che vorrebbe sgozzarti?».

Abraham Yehoshua pensa a uno Stato in cui ebrei e arabi possano convivere.

«È un’utopia. Ci sono luoghi come Hebron in cui ebrei e arabi si ammazzano tra loro da centinaia di anni. Come possono stare insieme? Il Muro, la separazion­e sono una dolorosa necessità».

Ben Gurion disse nel 1938: «Noi stiamo difendendo le nostre vite. Ma sul piano politico, In festa Sostenitor­i del Likud, il partito di Bibi Netanyahu, festeggian­o la vittoria: la coalizione di centrodest­ra sarà guidata dal premier uscente

siamo noi che attacchiam­o, e loro che si difendono».

«Ben Gurion aveva ragione. Ma ora quel ragionamen­to non vale più. Israele ha creduto davvero alla pace. I palestines­i no».

Per questo la sinistra israeliana non esiste più?

«Sì. Rabin e Barak si fidarono di Arafat. La disillusio­ne è stata terribile».

Rabin assassinat­o. Sharon che cade in coma dopo il ritiro da Gaza. Sembra che il diavolo in questa terra meraviglio­sa e tragica ogni tanto infili la coda.

«Non serve il diavolo, fanno già tutto gli uomini. Anche se la malattia di Sharon è stata davvero una disgrazia, anche politica. Credo che, dopo Gaza, si sarebbe ritirato anche da parte della Cisgiordan­ia».

Con Sharon in «Vittime» lei non è tenero.

«Ma lo considero uno dei più grandi comandanti militari che Israele abbia mai avuto. Passare il Canale di Suez sulle zattere, sotto il fuoco dell’artiglieri­a egiziana, la pioggia di missili sovietici e i Mig 21 che mitraglian­o a bassa quota, richiede una certa personalit­à».

E Dayan?

«Quando i siriani sembravano vicini a sfondare sul Golan, e già vedevano il Lago di Tiberiade e la Valle del Giordano, Golda Meir perse la testa. È possibile che abbia ordinato di armare missili a lunga gittata con testate nucleari. A quel punto l’urss avrebbe reagito e chissà come sarebbe finita. Dayan allora rivolse un messaggio ai carristi: “Voglio che teniate duro fino all’ultima cartuccia. Vi state battendo come i Maccabei. Se non vi farete piegare, rimarremo padroni del Golan”».

Era il 9 ottobre 1973. Non si fecero piegare.

«Contrattac­carono e giunsero a trenta chilometri da Damasco, fermati dal corpo di spedizione iracheno. Metà dei nostri 2.300 caduti nella guerra del Kippur erano carristi».

Lei scrive che il 4 ottobre un agente segreto al Cairo aveva avvertito Israele che la guerra sarebbe cominciata «dopodomani alle 18».

«Invece gli egiziani attaccaron­o alle 14, l’aviazione non si mosse — e lì Dayan sbagliò —, fummo colti di sorpresa. La notizia era giusta. L’ora era sbagliata».

Il Mossad si convinse che l’errore fosse deliberato, e l’agente facesse il doppio gioco.

«Io invece credo che fosse leale. Infatti i capi dell’intelligen­ce furono rimossi. E alla fine saltarono pure Dayan e Golda Meir».

Ancora una cosa. Trump può dare una mano, o combinerà solo guai?

«Trump è del tutto imprevedib­ile. Questa è la sua forza, e la nostra condanna. Prepariamo­ci a ogni eventualit­à».

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Lo storico israeliano Benny Morris, 70 anni
Docente Lo storico israeliano Benny Morris, 70 anni

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