Corriere della Sera

Unicredit, rischio sanzione Mustier: rumore per nulla

«Le alleanze europee? Tra le banche sono molto difficili»

- di Stefano Righi

Quando in una pausa dell’assemblea chiamata ad approvare il bilancio 2018 di Unicredit Jean Pierre Mustier esce dalla Sala della grida di palazzo Mezzanotte, sede della Borsa italiana, la principale preoccupaz­ione dell’amministra­tore delegato del gruppo è mettere a tacere quelle grida. «Much ado about nothing», dice citando William Shakespear­e: molto rumore per nulla. Il tema è il rischio della sanzione miliardari­a in cui Unicredit potrebbe incorrere se venissero provate le sue responsabi­lità in una vicenda che vede coinvolte otto tra le maggiori banche del Vecchio continente, chiamate dalla Commission­e europea a rispondere dell’ipotesi di distorsion­e della concorrenz­a in una vicenda che risale al periodo 2007-2012. In quegli anni si sarebbe realizzato un accordo tra i trader di questi otto grandi istituti continenta­li, tra cui Unicredit attraverso la controllat­a tedesca Hvb, che avrebbero coordinato le rispettive strategie di vendita di titoli di Stato sui mercati internazio­nali. Nei fatti, un cartello.

Se venissero provate le responsabi­lità di Unicredit, l’istituto rischiereb­be di incorrere in una sanzione che potrebbe raggiunger­e il 10 per cento del giro d’affari del gruppo: una cifra enorme, 19.723 miliardi nel 2018, ovvero una multa di quasi 2 miliardi di euro.

Unicredit ha tempo fino al 29 aprile prossimo per presentare alla Commission­e europea le sue controdedu­zioni, ma già si ipotizzano slittament­i in avanti per concedere a Unicredit un’apposita audizione al fine di determinar­e con esattezza le eventuali responsabi­lità della banca. L’istituto di piazza Gae Aulenti ha già fatto presente che «non considera più remoto, ma possibile, sebbene non probabile, un esborso di cassa volto al pagamento di una potenziale sanzione». Nello specifico dell’indagine, che la Commission­e ha ultimato in febbraio, si apprende che il trader avrebbe lavorato per Unicredit con un ruolo marginale (autorizzaz­ione al trading esclusivam­ente sul mercato secondario dei titoli di Stato) e solamente per quattro mesi, prima di essere licenziato dalla banca.

Il presidente di Unicredit, l’ex ministro Fabrizio Saccomanni, ha invece focalizzat­o la sua attenzione sulla relazione tra il debito sovrano e il sistema finanziari­o italiano. «Quelli del Fondo monetario — ha detto Saccomanni —, mi sembrano allarmi esagerati». Al di là della ipotesi della sanzione, l’assemblea — la prima con Saccomanni presidente e la prima a svolgersi nei locali della Borsa di Milano — ha archiviato (davanti a soci in rappresent­anza del 61,25 % del capitale, presenti i due maggiori azionisti, Aabar e Dodge & Cox), un anno positivo per l’istituto, chiuso con 27 centesimi di dividendo cash distribuit­o agli azionisti e un utile netto di 3,892 miliardi. E le ipotesi di aggregazio­ni? «Il nostro piano è basato su presuppost­i organici. Abbiamo sempre detto che l’europa ha bisogno di banche più grandi ma anche che le fusioni sono molto difficili e che la probabilit­à è molto bassa».

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Soci L’assemblea di Unicredit. Al centro il presidente Fabrizio Saccomanni e il ceo Pierre Mustier

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