«Il molo rosso», la serie che indaga la sessualità senza ipocrisia
Cosa succede quando anche l’esistenza più apparentemente perfetta si scopre fondata sulla menzogna? È questa la chiave narrativa su cui si regge l’impianto de Il molo rosso, la serie spagnola in onda su Raidue (mercoledì, ore 21.20).
Realizzata da Movistar+, il colosso della pay tv iberica dotato di una capacità produttiva impressionante e in costante crescita negli ultimi anni, la serie (L’embarcadero è il titolo originale) riscuote indubbio interesse perché nasce dall’idea di Alex Pina, la stessa mente de La casa di carta, successo culto di Netflix. E sempre da quell’apparato creativo viene Álvaro Morte; là nei panni dell’ormai leggendario «professore», qui in quelli di Oscar, marito fedifrago la cui morte in avvio di puntata fa emergere la sua doppia vita. Il ritrovamento del corpo in circostanze misteriose porta all’incontro tra l’ignara moglie Alexandra e l’amante Veronica e, soprattutto, invita a un’interrogazione profonda e per certi versi straziante sul significato della vita di coppia, del tradimento, del lato nascosto di vite normali e appaganti.
Il molo rosso non ha la freschezza, il ritmo e l’articolazione narrativa delle più fortunate recenti serie spagnole e sconta alcune lacune di scrittura e inquadramento dei personaggi principali; tuttavia, ha il merito di indagare senza ipocrisie temi come la sessualità, le ambizioni individuali. E lo fa grazie ad atmosfere vivide e artifici registici e fotografici apprezzabili, come il contrasto tra i colori caldi per mediare il racconto in flashback del rapporto tra Oscar e l’amante, da un lato, e colori freddi e scuri per quello con la moglie dall’altro. La natura e gli spazi aperti contro le costrizioni della vita urbana e del quotidiano.
Una scelta riuscita che restituisce densità e intimità delle relazioni molto più di quanto non facciano dialoghi troppo spesso spenti e sofisticati.