L’agguato per la droga nel centro di Milano
Sicari in azione alle 8 del mattino. La pista degli ultrà rossoneri
Agguato in centro a Milano. Sparano da una moto in corsa a un «grossista» della cocaina. Enzo Anghinelli, 46 anni, trafficante di cocaina, pregiudicato, detenuto fino al 2016, rientrato nel giro criminale con la marijuana, viene ferito alla testa. La sparatoria in via Cadore alle 8 del mattino.
MILANO Enzo Anghinelli, 46 anni, trafficante di cocaina, pregiudicato, detenuto fino al 2016, rientrato nel giro criminale con la marijuana, negli ultimi mesi è sempre stato un uomo abitudinario. Ogni mattina lo stesso percorso, tra le strade alberate ed eleganti di Porta Romana. Sempre alla stessa ora, poco prima delle 8, per andare a prendere il figlio (che vive con l’ex compagna) e accompagnarlo a scuola. Ieri mattina scende una pioggia sottile sulla Milano che si prepara al quarto giorno di «Salone del mobile» ed Enzo Anghinelli viaggia col finestrino chiuso. In via Cadore scatta il semaforo rosso. Anghinelli si ferma. La sua Ford station wagon nera è la terza auto in coda. Fa appena in tempo a girare la testa per guardare lo scooter con due uomini alla sua sinistra. Forse sente il killer seduto dietro che urla: «Sei pronto», e alza la pistola. La prima pallottola fa esplodere il finestrino. Ancora spari. Cinque colpi. Lo scooter dà gas e s’allontana. Poi un urlo: «Chiamate un medico».
Alle 7.59 i primi poliziotti delle Volanti e l’ambulanza trovano Anghinelli ancora seduto in macchina: busto eretto, braccia abbandonate, occhi sgranati, respiro ansante, una schiuma di sangue gli cola dalle labbra e gocciola sul piumino nero. È il sangue che gli scorre a fiotti in bocca. È stato colpito da un solo proiettile. La pallottola gli ha fracassato lo zigomo destro. La prima certezza dei poliziotti della Squadra mobile: Anghinelli doveva morire. E invece, ricoverato al Policlinico, fino a ieri sera non sembrava in pericolo di vita. Difficile comprendere come altri quattro colpi sparati da una distanza di mezzo metro abbiano mancato l’obiettivo.
Nella notte del 4 novembre 1998 Anghinelli era già finito sotto una raffica di proiettili. Era un giovane barista con qualche giro di cocaina. Gli sparò un uomo da una «Vespa». Anghinelli si salvò. E da allora la sua statura di trafficante iniziò a crescere. Una storia personale e criminale che riprese quando uscì dall’ospedale e sta ora al centro dell’inchiesta sull’agguato in via Cadore.
Anghinelli ha trafficato cocaina a buon livello con clan pugliesi, calabresi e serbi. Ha scontato una lunga condanna ed è uscito dal carcere nel 2016. La domanda chiave è: con chi si è rimesso in affari dopo la galera? La prima ipotesi porta agli uomini del suo antico giro. I suoi vecchi contatti restano «pesanti»: era nel giro dei Magrini, famiglia che muove chili di cocaina tra San Siro, Baggio e Settimo Milanese. Uomini legati a doppio filo con il boss Savinuccio Parisi della Sacra Corona Unita. Ma anche con i clan serbomontenegrini.
Si aprono però anche due scenari diversi. Da una parte quello dei legami con il mondo ultrà e la Curva Sud del Milan, non perché Anghinelli sia un abituale frequentatore dello stadio «Meazza», ma perché attraverso amicizie potrebbe essere entrato in contatto con personaggi che la domenica si uniscono ai gruppi ultrà e nel resto della settimana trafficano droga, una osmosi criminale già definita da inchieste e arresti nell’ambito del tifo rossonero. Su un altro versante, l’anno scorso, Anghinelli è stato indagato per traffico di marijuana con gruppi criminali sloveni. Venne arrestato nel 2007 e condannato a 11 anni. Il movente dell’agguato potrebbe essere proprio nella sua «nuova vita».