Corriere della Sera

«L’america chiede a Roma di mandare soldati in Siria»

Graham, senatore e «inviato» di Trump

- Di Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Il senatore Lindsey Graham, 63 anni, è una delle figure più in vista del Congresso americano e, soprattutt­o, il punto di riferiment­o politico di Donald Trump.

Da lunedì 15 sarà in Italia alla guida di una delegazion­e bipartisan che parteciper­à a un convegno sulla sicurezza alimentare nel mondo. Graham fa sapere che la delegazion­e incontrerà il presidente Sergio Mattarella e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Si parlerà di Libia, Cina, Russia, dazi, Nato.

Ma Graham arriva anche con una proposta precisa e inedita sulla Siria.

Partiamo da qui, allora: che cosa chiederà alle autorità italiane?

«Nel Nordest della Siria ci sono due rischi gravi: il ritorno dell’isis e il possibile scontro tra la Turchia e le forze democratic­he siriane. Gli Stati

I due fronti Aiutateci a stabilizza­re la regione, vi aiuteremo in Libia, dove è in corso una guerra per procura

Uniti stanno formando uno schieramen­to composto da interporre tra la Turchia e i curdi. Noi chiediamo all’italia di partecipar­e, di contribuir­e con un contingent­e militare, insieme con la Francia, Gran Bretagna e altri. Chiediamo all’italia di aiutare l’america a stabilizza­re quella regione, sarebbe un segnale nella continuità della forte relazione che esiste tra noi e il vostro Paese che consideria­mo uno dei nostri alleati più importanti».

Ma la preoccupaz­ione numero uno dell’italia, in questo momento, è la Libia. Donald Trump e anche il Congresso americano non sembrano molto coinvolti, eppure sta divampando la guerra civile...

«È vero. Dovremo fare di più. Sarà mio impegno incalzare l’amministra­zione Trump a essere più presente, più visibile. Posso già dire una cosa: il governo degli Stati Uniti è contrario a qualsiasi soluzione militare imposta da una delle due parti in conflitto, sempliceme­nte perché non sarebbe sostenibil­e. Il Paese resterebbe nel caos. E le conseguenz­e si scarichere­bbero sulla popolazion­e, ma anche sulla stabilità della Tunisia e dell’egitto. Anche per l’italia, naturalmen­te, ci sarebbero pesanti contraccol­pi». E quindi?

«Quindi metteremo in campo la nostra iniziativa diplomatic­a per fermare quella che è una proxy war (una guerra per procura, ndr). Dalla parte di Tripoli, abbiamo la Turchia. Con Haftar troviamo Egitto e Arabia Saudita. Sono tutti nostri alleati. L’amministra­zione Trump può convincerl­i a fermarsi. Ripeto: sarà un nostro impegno e contiamo di collaborar­e con l’italia, che ha una grande conoscenza di quel Paese, per raggiunger­e una soluzione diplomatic­a».

Lei parla di una relazione solida tra Italia e Stati Uniti, ma negli ultimi mesi sono sorti alcuni problemi che hanno scosso questo legame. Il più evidente è l’adesione del governo italiano alla Nuova Via della Seta, il piano commercial­e e di investimen­ti promosso dalla Cina. Quanto siete preoccupat­i nel Congresso e nell’amministra­zione?

«Bisogna stare molto attenti alla Cina e alle sue manovre destabiliz­zanti. Per quanto riguarda il memorandum di intesa firmato dall’italia, devo dire che sono stato rassicurat­o dalle spiegazion­i del ministro degli Esteri e dell’ambasciato­re italiano a Washington. Mi hanno ripetuto che l’accordo non intaccherà i rapporti economici e militari tra Italia e Stati Uniti. Noi, però, abbiamo una posizione chiara sul tema delle telecomuni­cazioni e abbiamo avvisato i Paesi europei a non concludere accordi con Huawei per l’introduzio­ne della rete 5G».

Altro dossier: i rapporti con la Russia. Il governo di Roma spinge per il dialogo con Mosca. L’italia è troppo filorussa?

«Anche noi dialoghiam­o con la Russia. Ma un conto è dialogare e un conto è concedere dei vantaggi alla Russia. Noi, per esempio, abbiamo un grosso problema con la Germania. Nonostante tutti i miliardi di dollari che abbiamo speso per difendere il fianco orientale dell’europa, che cosa fa la Germania? Sta costruendo un altro gasdotto, il North Stream2 che darebbe un vantaggio strategico alla Russia. Vedo, invece, che l’italia sta comunque mantenendo ferma la posizione sulle sanzioni contro la Russia, adottate dopo l’annessione della Crimea».

Chiudiamo con i dazi. Trump colpirà i prodotti europei con tariffe aggiuntive sulle auto?

«Trump non vuole una guerra commercial­e, ma chiede reciprocit­à nei mercati. Il suo e il nostro obiettivo è una maggiore apertura, non una chiusura reciproca, fino ad arrivare idealmente a un accordo che non preveda dazi zero».

L’ostacolo principale, però, sembra l’agricoltur­a. il presidente Donald Trump ha minacciato anche di penalizzar­e specialità italiane come il prosecco e il pecorino.

«Ah, conosco bene le specialità italiane. Ho prestato servizio militare nella base di Aviano e ho imparato a conoscerle e ad apprezzarl­e. La risposta, comunque, è sì. Il problema principale è il protezioni­smo europeo, in particolar­e dei francesi, sui prodotti agricoli. Alla fine penso che un’intesa sulle auto si possa trovare. Il vero ostacolo è l’agricoltur­a».

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Un convoglio americano e le milizie curde dell’ypg controllan­o il villaggio di al-ghanamya, vicino alla città di al-darbasiyah, sul confine siriano con la Turchia.
Gli Usa hanno annunciato di voler ritirare le proprie truppe dal territorio
(Epa) Sul campo Un convoglio americano e le milizie curde dell’ypg controllan­o il villaggio di al-ghanamya, vicino alla città di al-darbasiyah, sul confine siriano con la Turchia. Gli Usa hanno annunciato di voler ritirare le proprie truppe dal territorio

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