Corriere della Sera

Liquidazio­ne statali, sentenza da 16 miliardi

- Di Lorenzo Salvia

ROMA Si è accesa una lucina rossa nelle stanze del ministero dell’economia e di Palazzo Chigi. Una lucina che indica una data precisa, mercoledì prossimo. Quel giorno la Corte costituzio­nale si riunirà in camera di consiglio per decidere sul ricorso presentato dal sindacato Confsal Unsa sul Tfs, che non è un refuso ma il trattament­o di fine servizio, la liquidazio­ne dei dipendenti pubblici. Sembra una questione per addetti ai lavori. Ma c’è un rischio politico altissimo. Se il sindacato dovesse vincere il ricorso, nelle casse pubbliche si aprirebbe un buco da 16 miliardi di euro, circa il doppio di quanto si spenderà quest’anno per reddito di cittadinan­za e Quota 100. Per questo al governo, almeno tra i pochi che conoscono il dossier, c’è una certa preoccupaz­ione.

Il ricorso di Confsal Unsa, spiega il segretario generale Massimo Battaglia, è stato presentato contro una legge del 2010, governo Berlusconi. Per contenere la spesa pubblica, quel provvedime­nto prevedeva la rateizzazi­one del Tfs. Con il risultato che oggi i dipendenti pubblici prima di incassare la loro liquidazio­ne possono aspettare anche più di quattro anni, per la precisione 51 mesi. La legge è stata impugnata davanti alla Corte costituzio­nale sostenendo che c’è una disparità di trattament­o rispetto ai lavoratori del settore privato, che per ottenere il loro Tfr, il trattament­o di fine rapporto, non devono attendere così tanto. Mercoledì potrebbe arrivare la decisione, anche se poi bisognerà aspettare il deposito della sentenza e potrebbe passare anche un mese. Ma se la Corte dovesse dare ragione al sindacato, le liquidazio­ni degli statali dovrebbero avere la stessa tempistica dei lavoratori del settore privato. E dovrebbe partire una maxi operazione di pagamento.

C’è un precedente. Quattro anni fa la Corte costituzio­nale aveva bocciato la legge del governo Monti che aveva bloccato l’adeguament­o all’inflazione delle pensioni. Allora il costo stimato per lo Stato era di 5 miliardi di euro. E il governo Renzi dovette intervenir­e per limitare i danni, introducen­do un meccanismo di rimborso parziale. Stavolta la riduzione del danno sarebbe operazione più complicata.

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