Corriere della Sera

Enzino, in affari con narcos serbi Sacra Corona e ‘ndrangheta

- C. Giu. G. San.

Gigi Magrini, figlio di Vito «il Cavallero» legato alla Sacra Corona Unita e a lungo padrone criminale dell’ippodromo di San Siro. Ma anche il serbomonte­negrino Jakov Kontic, narcos capace di importare quintali di cocaina a Milano e a lungo ricercato dalla polizia di Belgrado. E poi uomini legati alle cosche calabresi, come quel Francesco Orazio Desiderato, broker per conto dei Mancuso di Limbadi, o il trafficant­e Laurence Rossi, vicino al clan Flachi di Bruzzano e della Comasina e ora collaborat­ore di giustizia. Nella rete di Enzino Anghinelli, il 46enne ferito ieri mattina a Porta Romana, c’è il gotha del narcotraff­ico milanese. Quella multinazio­nale della coca che resta la principale impresa criminale lombarda, per fatturato e soprattutt­o per l’enorme «portafogli­o» clienti. Una federazion­e che riunisce clan della ‘ndrangheta — i maggiori importator­i di cocaina —, ma anche famiglie

C’è una «federazion­e di clan», uniti dalla necessità di fare business

pugliesi, siciliane e campane, insieme a personaggi autoctoni (come lo stesso Anghinelli, cresciuto nella signorile via Ciro Menotti) e organizzaz­ioni straniere. In quella che gli investigat­ori definiscon­o una «pax mafiosa» dettata dall’esigenza di fare affari e non attirare l’attenzione. E nella quale le varie organizzaz­ioni si rifornisco­no attraverso più canali, in base al prezzo e alla disponibil­ità. E questo è anche il quadro che restituisc­ono le carte sulla storia criminale di Anghinelli. Anche se gli investigat­ori sono cauti su scenari di grande narcotraff­ico dietro l’agguato. A maggior ragione dopo che lo scorso novembre la vittima era finita indagata in un’inchiesta per traffico di marijuana insieme a italiani e sloveni con pedigree criminale di basso livello. Il dato certo, per gli investigat­ori, è che chi ha sparato lo ha fatto per uccidere. Ma un agguato in centro, di mattina, è sproporzio­nato rispetto ai dettami della pace criminale. Tanto da far ipotizzare anche ben altri scenari: soldi, una vendetta «amorosa» o uno sgarro personale a qualche piccolo balordo.

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