Scuola, scoppia la rivolta dei presidi «No alle impronte per i dirigenti»
Lettera ai vicepremier: cambiate il ddl che introduce i controlli biometrici
La scheda
● Il decreto Concretezza prevede, fra l’altro, la rilevazione delle impronte digitali per i dirigenti scolastici, per verificare la presenza a scuola
(la misura non riguarda invece i docenti)
● I presidi, 8mila dirigenti che gestiscono 42mila plessi scolastici, si dicono «umiliati» e protestano
● La norma ha incassato l’ok della Camera ed è in Senato per la seconda lettura
«I controllori che sono più vessati dei controllati, una cosa mai vista al mondo»: è fuori di sé Antonello Giannelli, presidente dell’associazione nazionale presidi, e il suo malessere è quello di tutti i dirigenti scolastici che hanno letto il decreto concretezza, approvato dalla Camera e ora in arrivo al Senato. Tra le altre, c’è una norma che prevede l’obbligo di controlli biometrici per i presidi: in sostanza, impronte digitali per verificare la loro presenza a scuola. Un obbligo che, nella prima versione, era previsto anche per i docenti. «Poiché però i sindacati hanno minacciato le barricate, è stato eliminato. E paradossalmente è rimasto l’obbligo di prendere le impronte digitali a noi, i dirigenti, che spesso lavorano in più istituti, saltando da impegni istituzionali a pratiche burocratiche, e dedicando alla scuola il giorno intero».
Non ne fa una questione meramente di principio, Giannelli. Come scrive nella lettera che ha indirizzato ai due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, «la prestazione di lavoro dirigenziale è finalizzata al raggiungimento di predeterminati obiettivi: se non li raggiunge il dirigente pubblico rischia il licenziamento. Di conseguenza la quantità di tempo trascorso in ufficio non ha alcun rilievo, tant’è vero che nessun contratto collettivo dirigenziale prevede un orario di lavoro». E c’è di più: «Molte scuole sono articolate in più sedi, distanti anche chilometri tra di loro. Dovrebbero essere installati rilevatori d’accesso in ogni sede? E a quali costi?». La stima la fa lui stesso, a spanne: Imprenditore a 2.500 euro ad impianto, per 40 mila edifici scolastici in Italia, parliamo di «100 milioni di euro, sprecati».
La richiesta dei presidi? Modificare il testo al Senato. Ma per ora l’ipotesi sembra remota e quello che si profila è piuttosto un braccio di ferro col governo. La ministra della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno boccia infatti le critiche come «fuorvianti»: «Si basano su una erronea lettura della norma» e «non tengono conto che non è stato ancora emanato il decreto sulle modalità attuative». Secondo Bongiorno, l’obiettivo della norma è «rendere più trasparente la loro presenza in servizio», anche Jack Ma, l’imprenditore più ricco della Cina, ha fondato la multinazionale del commercio elettronico Alibaba nel 1999
orari, sostiene Ma, sono «una vera benedizione». «Se non lavori molto da giovane, quando dovresti farlo? Se non impiegate più energia degli altri, come potete raggiungere il successo?».
© RIPRODUZIONE RISERVATA per «ragioni di sicurezza». Non si tratta dell’obbligo «di un orario settimanale di lavoro, ma l’utilizzo di strumenti di identificazione tecnologicamente avanzati», spiega.
Precisazioni che non tranquillizzano Giannelli: «Non chiariscono in cosa migliorerebbe la qualità della Pubblica amministrazione. E poi, il riferimento alla necessità di identificazione del dirigente sembra voler prevenire eventuali scambi della sua persona. Il che appare francamente irrealistico». Irritati pure i dirigenti dell’udir (sindacato dei dirigenti scolastici), che chiedono le dimissioni del ministro Marco Bussetti e del sottosegretario Salvatore Giuliano, ex presidi: «Hanno dimenticato cosa vuol dire amministrare scuole con dieci plessi e ottemperare a tutte le funzioni». Mentre per i Dirigenti scuola confederati si tratta di «uno spot elettorale che asseconda l’immaginario collettivo di satrapi arroganti e incompetenti». Dalla parte dei presidi si schiera il Pd che parla di «misura dagli effetti pratici nulli, che serve a umiliare il lavoro di chi assieme a insegnanti e personale amministrativo, manda avanti le scuole italiane». Mentre Fratelli d’italia boccia l’obbligo come «inaccettabile».
La polemica
«Spesso ci dividiamo tra diverse sedi. Non contano le ore in ufficio ma gli obiettivi»