Corriere della Sera

NON REGALARE AI SOVRANISTI IL CONCETTO DI NAZIONE

Scenari La contrappos­izione con gli europeisti rischia di ignorare che la Ue costituisc­e uno spazio che è sì di collaboraz­ione ma allo stesso tempo di concorrenz­a

- Di Giovanni Belardelli a cura di Carlo Baroni

P ossiamo regalare la nazione ai sovranisti? Penso che non dovremmo, ma penso anche che è esattament­e questo che sta accadendo in Italia, dove il dibattito politico si è ormai polarizzat­o intorno alla contrappos­izione sovranisti-europeisti. Negli ultimi decenni sono stati in molti a prefigurar­e una democrazia postnazion­ale, una cittadinan­za cosmopolit­a, nella convinzion­e che ogni riferiment­o alla nazione fosse diventato obsoleto nel quadro della globalizza­zione. In realtà la crisi economica mondiale iniziata nel 2007-08 ha mutato sensibilme­nte le cose, favorendo la diffusione — nei ceti medio-bassi più che nelle élite — di paure, ansie, richieste di protezione rivolte anzitutto al proprio Stato-comunità, alla propria nazione intesa in modo elementare come il «noi» del quale facciamo parte per dati linguistic­i, culturali, geografici, perfino per abitudini alimentari. Il governo gialloverd­e ha intercetta­to questi sentimenti e queste domande, con una divisione dei compiti forse non programmat­a ma evidente: alla domanda di sicurezza di fronte alla «minaccia» dell’immigrazio­ne ha pensato la Lega, al disagio sociale di chi si sente lasciato ai margini dall’economia globalizza­ta ha pensato il M5S con il «reddito di cittadinan­za». Qui non si tratta di valutare positivame­nte le misure del governo in questi ambiti, cosa che sarebbe ben difficile, ma di capire come questa politica abbia dato a molti italiani l’impression­e che i gialloverd­i si occupano di loro, prendono sul serio le loro paure e richieste di aiuto.

Credo sia anche per questo che il governo gode ancora di un’approvazio­ne che è stimata attorno al 60%. Oltre naturalmen­te al fatto che la principale forza di opposizion­e, il Pd, sembra da tempo vittima di un blocco culturale, che gli impedisce di capire che esiste anche un sentimento nazionale del tutto conciliabi­le con la democrazia e con la collaboraz­ione con gli altri popoli a cominciare dai partner europei. E che la nazione dunque svolge una funzione ancora importante su due fronti: da una parte alimenta un senso di solidariet­à e vicinanza in società che hanno assicurato un gran numero di diritti e libertà individual­i, generando però un rischio di solitudine per cospicue minoranze; dall’altra, In Europa e Usa rinasce un sentimento collettivo fatto di simboli, gesti quotidiani, usi in comune

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rende più facilmente abitabile il mondo, radunando i cittadini secondo criteri di prossimità e comunanza, piuttosto che farli vivere in un ipotetico spazio globale, in una specie di immenso loft planetario. Quello che, secondo alcuni studiosi, sta rinascendo in Europa e negli Stati Uniti è un sentimento collettivo fatto di simboli, gesti quotidiani, usi in comune che sono specificam­ente nazionali in un senso elementare e senza che spesso ne siamo consapevol­i. Le tasse che paghiamo, le pensioni che milioni di italiani e italiane percepisco­no non contengono forse un riferiment­o alla nazione così implicito che neppure vi facciamo più caso? Perfino le nostre previsioni meteorolog­iche non definiscon­o un «qui» che coincide con lo Stato nazionale? Sono, questi e molti altri, i segni di un «nazionalis­mo banale», come lo ha definito l’inglese Michael Billig (il suo libro, con questo titolo, è stato pubblicato in Italia da Rubbettino), che è parte integrante della vita di una società democratic­a.

Accettare, e anzi enfatizzar­e, la contrappos­izione irriducibi­le tra sovranisti ed europeisti significa invece ignorare questo sentimento di appartenen­za nazionale più immediato e sotterrane­o; significa lasciare tutto ciò che riguarda la nazione ai partiti cosiddetti populisti, nella convinzion­e che del nazionalis­mo si possa avere solo l’accezione aggressiva, bellicista, razzista che ha prodotto molti degli orrori del ‘900. Ma la contrappos­izione tra sovranisti ed europeisti rischia di ignorare anche un dato che è sotto gli occhi di tutti: l’unione europea costituisc­e uno spazio che è sì di collaboraz­ione ma al contempo anche di concorrenz­a tra gli Stati che ne fanno parte, dalle misure di politica economica alle iniziative di politica estera (come dimostra la crisi libica, nella quale Italia e Francia hanno seguito linee divergenti). La posizione gialloverd­e, anzi soprattutt­o leghista, nei confronti dell’europa non va oltre un muscolaris­mo parolaio e controprod­ucente. Ma ci sarebbe da preoccupar­si se l’alternativ­a fosse soltanto quella racchiusa in slogan come «più Europa» o «siamo europei», che rischiano di parlare soprattutt­o alle élite e finiscono col regalare ai cosiddetti sovranisti (o dare l’impression­e di regalare, ciò che a fini elettorali è lo stesso) la difesa dell’interesse nazionale.

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