VIA RASELLA FU UN ERRORE MA ERA GUERRA, NON TERRORISMO
Qualsiasi pagina di storia può essere sottoposta a rilettura critica. Anche via Rasella e le Fosse Ardeatine. Ogni discorso però dovrebbe partire dall’orrore per i carnefici e dalla pietà per le 335 vittime. Tra loro vorrei ricordare il colonnello Montezemolo, che tacque sotto le torture – «non posso che resistere e durare, lo farò per quanto umanamente possibile» lasciò scritto -, un sacerdote, don Mario Pappagallo, undici carabinieri, tra cui Giovanni Frignani, l’uomo che obbedendo al re aveva arrestato Mussolini: la caserma di piazza San Lorenzo in Lucina a Roma porta il suo nome. E i ragazzi di Montesacro, studenti liceali, tra cui Orlando Orlandi Posti, «Lallo» che aveva appena compiuto 18 anni: in tasca gli trovarono il quadernetto su cui giocava a battaglia navale, l’ultimo passatempo in carcere.
Sulla sostanza, signor Carlo, posso essere d’accordo con lei. La bomba di via Rasella
probabilmente era meglio non metterla. La rappresaglia non solo era messa nel conto; era uno dei propositi dell’azione, per rinfocolare l’opposizione ai tedeschi. Ma non fu terrorismo; fu un atto di guerra contro truppe d’occupazione. Oggi, in tempo di pace, a noi appare un errore. Posso dirle quale fu invece la reazione di Edgardo Sogno, che non era meno anticomunista di lei e di me: alla notizia di via Rasella esultò, commentando che «finalmente anche a Roma si sono svegliati». Vorrei ricordare infine che alcuni soldati tedeschi rifiutarono di eseguire l’ordine. Qualcuno esitò, altri svennero per l’orrore, il sangue, le grida. In Corsica il generale von Senger und Etterlin, che a naso non doveva essere comunista, rifiutò di fucilare duecento italiani prigionieri, sostenendo che avevano «obbedito alle disposizioni del loro governo legittimo»; non fu punito, anzi proseguì la carriera. A volte pure gli ordini più spietati potevano essere disattesi.