Io, castellana nella torre del Mille
Nel maniero di Lavinia Biagiotti fra ricordi, passioni d’arte e moda. «Era abbandonato, mamma l’ha salvato in dieci anni. L’umidità? Abituata a conviverci»
Ieratico e austero il maniero custodisce un tesoro. «La torre è dell’anno mille, qui soggiornò anche Galileo...e mia madre si innamorò di questo luogo passando, ogni giorno per raggiungere il suo laboratorio di moda, davanti alle mura in abbandono». Lavinia Biagiotti Cigna, 40 anni, erede della maison della mamma Laura che continuò il lavoro di alta sartoria della nonna Delia, apre al Corriere le porte del castello di famiglia.
«Tutto parla di noi qui, delle passioni d’arte di casa. Ma ogni cosa non è solo un ricordo, per me è l‘invito a guardare al futuro», spiega mentre schiude una porta che conduce allo studio ereditato da Laura. «Quello è l’abito indossato
La storia recente
Qui trovarono rifugio gli sfollati nella II guerra mondiale e nel 1978 cercarono persino Moro
da Claudia Cardinale nel Gattopardo di Luchino Visconti, mamma lo acquistò e lo indossai per una serata Biagiotti a Madrid... ero giovanissima, ma già allora fu un’impresa stringersi nel corsetto. Nella vetrina c’è invece la collezione di profumi storici, questo è Le Roy Soleil, di Schiaparelli degli anni ‘40: l’etichetta è disegnata da Salvador Dalì».
Poi Lavinia, presidente e ceo di Biagiotti group, terza generazione dell’azienda dove è entrata a 18 anni dopo la scomparsa del padre Gianni Cigna, si affaccia a un oblò: «E da qui, catturando con lo sguardo le colonne romane nel cortile del castello, mamma suggerì per il profumo “Roma” l’idea di una boccetta a colonna antica, come la Città Eterna dove la nostra moda è nata e continua: attorno alle mura fortificate c’è il laboratorio della maison. Quando acquistò il maniero, nel 1978, mamma restò incinta e non volendosi rassegnare alle babysitter decise che lì nel castello del quale si era innamorata avrebbe fatto casa e bottega. E in questa bottega, come nelle botteghe rinascimentali, io sono cresciuta. Mi sedevo lì al grande tavolo a fare i compiti, mentre attorno si creavano abiti, moda».
È stato l’architetto Piero Pinto a riportare il maniero alla vita, «i lavori sono durati un decennio e oggi siamo costantemente in manutenzione. Ma così eccomi qui castellana fra queste mura un tempo in abbandono dove trovarono rifugio gli sfollati nella seconda guerra mondiale e dove nel 1978 vennero persino a cercare Moro».
Alle pareti, gli affreschi vegliano silenziosi. «Convivo con l’umidità che riaffiora qua e là — sorride — fra la stanza dei segni zodiacali e quella delle donne celebri dell’antichità... ecco qui Cleopatra».
Antiche teiere cinesi in sala da pranzo: «Mamma portò la sua moda nella Cina degli ‘80, ero bambina ma ricordo quando mi condusse con lei nell’ex Celeste impero...per lei era anche una questione di scambio culturale. Così 30 modelle cinesi hanno indossato le creazioni della maison, prima casa di moda italiana a sfilare in Cina. Ma gli invitati si moltiplicarono, i biglietti di invito erano stati spezzettati, alla lettera, tra più famiglie, pur di aver accesso all’evento».
E il New York Times titolò «The Queen of cachemire». Poi, nel 1995 l’ingresso al Grande Teatro del Cremlino, «con una sfilata a Mosca... e invece qui dove c’erano le stalle del maniero e oggi io prendo lezioni di danza, mamma organizzava defilé per ospiti speciali come la signora Gromyko. Salendo la scala, infine, il tesoro d’arte. Lavinia fa strada fra vasi di speziale e foto di famiglia, ed ecco il «Genio futurista» di Giacomo Balla (in questi giorni in prestito per il Salone del Mobile, fino al 12 maggio, alle Gallerie d’italia a Milano). Donna di passioni aperte sul mondo Laura con il marito Gianni collezionò centinaia di tele, e il maniero oggi è una wunderkammer che custodisce la più straordinaria collezione futurista: «La Fondazione Biagiotti Cigna raccoglie
oltre 200 opere del Maestro futurista, radunate con la direzione scientifica di Fabio Benzi— spiega Laura —. I miei genitori conobbero le figlie del pittore, Luce ed Elica artiste a loro volta come dimostrano questi quadri appesi sopra il grande divano. E negli anni hanno acquistato molte delle opere del padre, al tempo non ancora così quotato. Il fatto è che nel lavoro della nostra maison l’arte e la moda hanno sempre convissuto...moda che nella mia visione deve essere bella ma anche comoda».
Un’azienda di moda tra le poche rimaste in famiglia. «Siedo dal 2004 nel Consiglio della Camera nazionale della moda, la più giovane di sempre... e adesso con me in azienda come vice presidente c’è Michele Norsa (prima in Valentino e poi in Salvatore Ferragamo, ndr.): era stato un desiderio già di mia madre».
Fuori dal maniero la campagna romana è un trionfo di natura, preservata dal Marco Simone Golf & Country Club, che sarà sede del torneo Ryder Cup 2022. All’interno, qua e là cuscini a piccolo punto, «ne ho realizzati tanti». E nel salone le tele secentesche dialogano con il bianco dei divani. Il famoso «Bianco Biagiotti»? «Già, fu Diana Vreeland, la regina della moda Usa, ospite fra queste mura con le sue unghie laccate, a suggerire a mamma di puntare sul colore bianco».
I genitori e la collezione Conobbero le figlie di Balla, di cui comprarono molte opere quando non era ancora così quotato