Insulti razzisti La lezione della Premier i club cacciano i propri tifosi
Si può dire che sono stati pochi. Oppure si può usare la tolleranza zero perché non si vuole perdere la battaglia della civiltà. La differenza tra il calcio italiano e quello inglese non è tanto sul campo, ma fuori. C’è chi vede la pagliuzza (l’esultanza di Kean) e non la trave (i buu razzisti a Cagliari). E c’è chi agisce.
Un tifoso dell’arsenal ha postato un video su Snapchat in cui si sente la parola «nigger» a riguardo di Koulibaly. Risposta del club: «È stata avviata un’indagine per identificare il colpevole. Chiunque si comporti così non è il benvenuto e sarà escluso per sempre. Incoraggiamo i nostri tifosi a segnalare casi simili».
Durante la trasferta a Praga per la gara di Europa League, diversi ultrà del Chelsea hanno intonato cori razzisti nei confronti di Salah, definito «bomber» con gioco di parole tra attaccante e terrorista islamico. Il Chelsea si è messo a completa disposizione delle forze dell’ordine per identificare i responsabili e bandirli dallo stadio. La polizia del Merseyside sta esaminando la pubblicazione di una serie di tweet offensivi contro l’egiziano perché «il linguaggio utilizzato è aberrante».
La Premier è ancora sotto choc per il gesto di due tifosi del Southampton che, nella gara contro il Cardiff, hanno mimato il gesto dell’aereo per irridere la morte dell’argentino Sala, precipitato nella Manica. I colpevoli sono stati presi in custodia dalla polizia e il Southampton li ha espulsi per sempre dallo stadio.
Viktor Fischer, attaccante del Copenaghen, ha alzato il velo sull’omofobia dei tifosi dell’odense: «Ho sentito diversi cori contro di me che mi definivano omosessuale, ma non è questo il problema. Il problema è che la parola omosessuale, nel 2019, viene ancora utilizzata come insulto. C’è un problema culturale nel calcio». Si può scegliere se affrontarlo o mettere la polvere sotto il tappeto.