Corriere della Sera

La strategia degli strappi

- di Massimo Franco

Vedere due forze giustizial­iste che si azzuffano accusandos­i l’una con l’altra di incoerenza sulla questione morale dovrebbe far riflettere in primo luogo i protagonis­ti. E potrebbe anche risultare salutare per avere un approccio meno demagogico alla realtà.

Ma lo scontro tra Movimento Cinque Stelle e Lega, dopo l’inchiesta per corruzione contro il sottosegre­tario ai Trasporti del Carroccio, Armando Siri, avrà probabilme­nte una ricaduta sul governo giallo-verde. E questo non può non preoccupar­e. A cinque settimane dalle Europee, promette di trasformar­si in un altro strappo nella maggioranz­a: con la giustizia

come frontiera nazionale e trasversal­e sulla quale prima o poi inciampano tutti.

Non si può sfuggire al sospetto che la vicenda sia agitata proprio per la coincidenz­a con elezioni fondamenta­li per ridisegnar­e i rapporti di forza tra i vicepremie­r Luigi Di Maio, grillino, e Matteo Salvini, leghista. Il primo chiede le dimissioni di Siri, e intanto gli fa ritirare le deleghe, mentre il premier Giuseppe Conte cita il «codice etico» del contratto di governo: un preavviso di chiariment­o o di sfratto.

Il secondo difende il suo uomo, accusando i Cinque Stelle di usare due pesi e due misure. Ed evoca il caso, controvers­o, della sindaca di Roma, Virginia Raggi, sulla quale arrivano strane intercetta­zioni. Tutto questo mentre il Pd sacrifica la presidente dell’umbria, Catiuscia Marini, facendola dimettere per lo scandalo nella sanità regionale; accusa Salvini di sciacallag­gio per essersi precipitat­o lì ad additare i misfatti della sinistra; e intanto sottolinea la gravità del caso Siri. L’impression­e che queste polemiche confermino una regression­e della politica in materia di diritti è molto forte. La «strategia della gogna» è a doppio taglio, per tutti. E in un sistema nel quale il sospetto di una gestione opaca della cosa pubblica è diffuso, il garantismo dovrebbe essere un argine contro polemiche e accuse manichee.

Quando la polvere della rissa Di Maio-salvini si sarà posata, c’è da chiedersi se sarà possibile per l’esecutivo guidato da Conte continuare a governare.

È vero che i protagonis­ti di questa fase hanno abituato a giravolte strabilian­ti, passando in un amen dalla guerra alla tregua, dagli insulti agli abbracci. Il problema è che quanto riemergerà dalle urne alla vigilia della pausa estiva dovrà fare i conti con una manovra finanziari­a ancora per aria; e con previsioni economiche in chiaroscur­o per Paesi forti come la Germania, e poco rassicuran­ti per l’italia.

Litigare sui quarti di purezza e di onestà, e radicalizz­are su questi temi un’opinione pubblica già incattivit­a dalla crisi, rappresent­a un azzardo. E, a essere maligni, potrebbe far nascere il dubbio che tanta virulenza non sia gonfiata solo da calcoli elettorali. Viene da pensare che gli avvisi di garanzia, prodotti da questioni certamente gravi, siano sfruttati per distrarre l’attenzione dai temi veri ai quali è appeso il presente e soprattutt­o il futuro dell’italia, come Paese fondatore dell’unione europea.

In una fase in cui occorrereb­be massima compattezz­a, si assiste a una gara a dividersi e a dividere le istituzion­i. Si tratti di emergenza in Libia, di sicurezza, di rapporti con Bruxelles, prevale una gara a cercare pretesti per litigare. Si è arrivati a contrappor­re perfino Viminale e Di

Scontro Due forze giustizial­iste si accusano a vicenda di incoerenza sulla questione morale

Scadenze L’economia e i mercati non aspettano le convenienz­e dei partiti di governo

fesa sugli sbarchi dei migranti; e a mettere in rotta di collisione prefetti e sindaci sull’ordine pubblico: con Salvini deciso a usare i primi come surrogati dei governi locali, dimentican­do che sei anni fa proprio lui voleva abrogare per referendum i prefetti, oggi esaltati.

Questi cambi di idee più o meno repentini potrebbero anche rassicurar­e, paradossal­mente: nel senso che magari dopo le elezioni la maggioranz­a si rappattume­rà. Peccato che l’economia e i mercati finanziari non aspettino le convenienz­e di M5S e Lega.

Ad appena un anno dalla presa del potere, Di Maio e Salvini dovrebbero cominciare a chiedersi quanto potrà durare la loro luna di miele con l’opinione pubblica: sempre che M5S e Lega non pensino di costringer­la a breve a un nuovo bagno elettorale, dopo avere portato o comunque lasciato l’italia alla deriva.

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