«Indagini inutili per pagare il consulente»
Prima in Procura a Milano, poi a Brescia. E il Csm archiviò in silenzio
Indagini inventate nel 20092011 nelle Procure di Milano e Brescia per strapagare 1 milione di consulenze a un imprenditore informatico, corruttore del carabiniere braccio destro del pm che oggi guida la Procura di Trento: e ora, con l’arresto dell’imprenditore, si scopre che nel 2015 un giudice fece un esposto, ma Csm e pm di Venezia archiviarono tutto.
MILANO Come i gabbiani dietro ai pescherecci: si sposta da una Procura all’altra il pm, si sposta con lui il suo carabiniere più stretto collaboratore, si sposta l’imprenditore amico (e pure foraggiatore) del carabiniere braccio destro del pm, e si sposta un fiume di denaro di consulenze tecniche affidate senza motivo e strapagate dalla Procura (tramite carabiniere) all’imprenditore. Così la Procura di Milano nel 2009-2010, quando qui tra i pm di punta operava Sandro Raimondi e nella sua polizia giudiziaria spiccava il carabiniere Lorenzo Terraneo, ha liquidato 750.000 euro (per copie forensi di dati informatici sequestrati nei pc o nei cellulari) alla After Hour srl amministrata dall’imprenditore Alessandro Tornotti; e così la Procura di Brescia nel 2010-2011, dopo il passaggio qui sia del pm (che ne diventerà procuratore aggiunto fino a marzo 2018 prima che il Csm lo nominasse attuale capo della Procura di Trento) sia del carabiniere, ha liquidato 300.000 euro alla stessa After Hour srl, peraltro controllata da una società di Malta.
Questo inedito spaccato affiora solo ieri nelle pieghe dell’arresto per bancarotta di Tornotti per il fallimento della After Hour srl nel 2016, al cui interno la gip Alessandra Clemente accoglie anche l’accusa di corruzione che i pm milanesi Silvia Bonardi (già collega di Raimondi a Brescia) e Stefano Civardi formulano per i benefit dell’imprenditore al carabiniere che gli procacciava gli incarichi firmati dal pm: l’affitto di un residence a Brescia per 33.000 euro, un viaggio a Capo Verde, ricariche del cellulare per 4.400 euro, l’uso di una moto.
La nomina dei consulenti è un «atto discrezionale del pm» ma qui «in sostanza era pilotato proprio in virtù della massima fiducia riposta in Tornotti da Terraneo e quindi da Raimondi», scrive la gip, rilevando che «sul punto Raimondi non è mai stato sentito» dai pm coordinati da Ilda Boccassini, «forse in virtù dei suoi rapporti con i due indagati che lo ponevamo in una situazione delicata». Pur se appaiono «peculiari le plurime nomine del consulente», e se il «risalente rapporto di collaborazione» pm-imprenditore «ha contribuito a confondere i piani che avrebbero dovuto restare separati», per la gip «è da escludersi che il pm sia stato coinvolto in scambi di favori». A stoppare l’andazzo nel 2011 furono le resistenze di una giovane pm, Lara Ghirardi, e lo scomparso procuratore bresciano Nicola Pace, che impose il visto sopra i 2.500 euro. Ora si scopre che il Csm nel 2015 nulla fece quando un gip bresciano, Lorenzo Benini, in una di quelle archiviazioni-fuffa denunciò una consulenza pagata alla After Hour 100.000 euro per intercettazioni inesistenti, e fu controdenunciato da Raimondi per calunnia. Senza indagini diverse dall’interrogatorio di Benini e dalla memoria di Raimondi, il procuratore veneziano Luigi Delpino, e gli aggiunti Carlo Nordio e Adelchi d’ippolito, esclusero l’abuso d’ufficio per Raimondi ritenendo la sua giustificazione (e cioè l’aver caricato su quel fascicolo tutte le asserite spese di noleggio di 8 pc e 8 fax-scanner a beneficio del lavoro generale della polizia giudiziaria) opinabile, ma dettata dall’esigenza di superare le carenti dotazioni degli uffici; e esclusero per Benini la calunnia per difetto di dolo nel suo esposto, aggiungendo che i «toni avrebbero potuto essere più misurati». A quel punto pure la I commissione del Csm (relatore Zanettin) archiviò la vicenda: con la motivazione che «non aveva avuto alcuna risonanza esterna».