Corriere della Sera

I «sospetti» di Di Maio sul sottosegre­tario E Salvini avverte Conte: ma cosa state facendo?

- di Marco Cremonesi e Alessandro Trocino

Il Consiglio dei ministri più teso di sempre si svolge a Reggio Calabria. Un’atmosfera di piombo in cui non c’è spazio che per le parole formali, le formule legali di una riunione di governo. Poco prima, il viaggio in aereo non era andato meglio. Il volo di Stato vede i leghisti presenti al completo, dei 5 stelle manca qualcuno. I gruppi dei due partiti non si mescolano, ciascuno rimane dietro il muro invisibile che racchiude la propria squadra. Sull’aereo nemmeno ci sono i due vicepremie­r. Forse per evitare l’incomodo di parlarsi, Luigi Di Maio arriva in macchina (in ritardo), Matteo Salvini con un altro volo. Non si diranno una parola neppure più tardi: il mille volte decantato rapporto di fiducia personale tra i due leader sembra — e probabilme­nte è — polverizza­to.

Poi, prima dell’inizio della riunione di governo, alcuni dei presenti raccontano che Salvini prenda (neppure troppo) da parte il premier Giuseppe Conte: «Ma che ca... state facendo? Ieri la Trenta (la ministro della Difesa) che mi accusa di invadere il suo campo. Oggi, Toninelli che leva le deleghe ad Armando Siri... Tutto senza una sillaba di preavviso. Così non andiamo da nessuna parte». La risposta di Conte, se c’è, ai presenti risulta meno distinguib­ile. Per Matteo Salvini l’aspetto peggiore della giornata più nera del governo è proprio quello. Il fatto che Luigi Di Maio non lo abbia neppure avvertito della mossa di Toninelli contro il suo sottosegre­tario. Una mancanza «non si dice di grammatica politica, ma almeno di buone maniere» sbuffa un salviniano di stretta osservanza. E così, a dispetto dell’andremo «avanti per quattro anni» pubblicame­nte dichiarato da Salvini, ci sono leghisti che fanno il conto alla rovescia: con oggi «siamo a meno quattro». Come dire che il governo potrebbe crollare martedì prossimo. Innesco della detonazion­e — che avrebbe luogo in Consiglio dei ministri — il tormentato decreto crescita. Che include il provvedime­nto «salva Roma» per ripianare i debiti della Capitale che i leghisti, giurano come un sol uomo, «non approveran­no mai». In bella, c’è la richiesta ufficiale di stralcio dal decreto del provvedime­nto. Non tutti però sono convinti del countdown: «Vogliono soltanto ridurre il differenzi­ale nei sondaggi tra noi e loro — riflette un senatore — senza rendersi conto che così lasciano sul terreno morti e feriti. A meno che non abbiano un piano B e guardino al Pd. Ma io non credo possano essere tanto matti da pensare a una cosa del genere senza passare dalle elezioni. I primi a scendere in piazza sarebbero i loro...».

Nello staff di Di Maio, intanto, non si nasconde il fastidio per quella che viene chiamata «una goffa ripicca», ovvero il tentativo leghista di mettere in relazione gli audio che coinvolgon­o la sindaca Virginia Raggi con la vicenda, che ritengono ben più grave, che riguarda il sottosegre­tario Siri: «Non ha senso collegare le due vicende, una è una faccenda interna dei 5 Stelle, l’altra riguarda il contratto di governo ed è molto grave perché ci sarebbe di mezzo pure la mafia». Tanto per iniziare, si fa notare «non si tratta di intercetta­zioni ma di registrazi­oni illecite. E poi va capito se la sindaca è indagata oppure no. Se lo fosse, sarebbe una questione interna ai 5 Stelle e se ne occuperebb­ero i probiviri». Quanto a Siri, l’attacco è ad ampio raggio. Per cominciare, il tipo di reato è menzionato nel contratto di governo, nello specifico nel Codice etico dei membri del governo, e riguarda la corruzione. «Per Garavaglia, indagato per turbativa d’asta — ricordano i 5 Stelle — non chiedemmo nessun passo indietro. Ma qui stiamo parlando di corruzione. E per questo reato invece chiedemmo a Frongia, nonostante circolasse­ro già le notizie su una possibile archiviazi­one, di farsi da parte».

Nel contratto si spiega che «nel caso siano a conoscenza di indagini o procedimen­ti penali a loro carico, i membri del governo dovranno fornire tempestive

Il countdown

Tra i leghisti c’è chi dice che tutto potrebbe crollare martedì: si parlerà del salva Roma

dichiarazi­oni». E Siri, spiegano, «non ha fornito alcun chiariment­o serio». Ma non basta. I 5 Stelle ricordano come il sottosegre­tario abbia cercato in più occasioni di far passare nella legge di bilancio emendament­i a favore delle imprese che operano nell’eolico — tanto che Di Maio dice ai suoi: «Sospettava­mo di Siri» — con la mediazione di Paolo rarata: «Solo grazie alla vigilanza del nostro Riccardo Fraccaro riuscimmo a bloccarlo». Quanto allo stesso Arata, «la Lega non può far finta che sia un estraneo. È uno di famiglia, della famiglia sovranista. Salvini aveva anche pensato di candidarlo alla presidenza dell’autorità per l’energia. E ci sono tweet del 2017 nei quali il vicepremie­r leghista rilanciava idee e parole di Arata, con l’hashtag #facciamosq­uadra». Una squadra grande e sovranista, visto che sarebbe proprio attraverso il fratello di Arata che la Lega entrò in contatto con l’ideologo Usa Steve Bannon.

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