Autonomia, i paletti di Tria «Alcune richieste incoerenti con i principi della Carta»
Bankitalia: l’inizio del 2019 mette fine alla recessione
No agli aumenti dell’iva, no alla patrimoniale, sì alla flat tax per i ceti medi. Questi i passaggi con i quali il Parlamento impegna il governo sulla manovra di bilancio per il 2020 che sarà presentata a ottobre. Sono contenuti nelle risoluzioni di maggioranza con le quali Camera e Senato hanno approvato il Def, il Documento di economia.
Il testo passato con i voti di 5 Stelle e Lega e col parere favorevole dello stesso esecutivo impegna, tra le altre cose, il governo ad «adottare misure per il disinnesco delle clausole di salvaguardia fiscali del 2020», cioè l’aumento dell’iva e delle accise, «nel rispetto dei vincoli Ue di finanza pubblica», a «proseguire il processo di riforma delle imposte sui redditi, con particolare riferimento all’attuazione della flat tax» e a «non prevedere misure di incremento della tassazione sui patrimoni». È appena il caso di ricordare che senza l’aumento dell’iva verrebbero a mancare 23,1 miliardi di euro nelle casse dello
Iva e flat tax
No all’aumento dell’iva e sì alla flat tax: via libera alla risoluzione del governo
Stato nel 2020 mentre l’ipotesi di flat tax cara alla Lega costerebbe almeno 12 miliardi. Né nel Def né nelle risoluzioni approvate ieri si fa cenno a come eventualmente realizzare i due obiettivi.
Il ministro dell’economia, Giovanni Tria, intervenendo al Senato ha intanto assicurato che quest’anno non ci sarà bisogno di alcuna manovra correttiva per rispettare gli impegni presi con la Commissione europea sul deficit strutturale. «La manovra correttiva che faremo è al contrario», ha aggiunto riferendosi ai decreti legge «sblocca cantieri», approvato di nuovo ieri in Consiglio dei ministri, e «crescita», che dovrebbe riceve il definitivo via libera nella prossima riunione di governo. Questi due provvedimenti, secondo il ministro, consentiranno di conseguire l’obiettivo di una crescita dello 0,2% quest’anno, tanto più che ieri la Banca d’italia ha spiegato che nei primi mesi del 2019 il Pil dovrebbe aver segnato un aumento dello 0,1%, uscendo dalla recessione. Tria ha anche sottolineato che il debito pubblico, al 132% del Pil, «è un peso ma è assolutamente sostenibile» e nel triennio scenderà.
Il ministro è apparso invece più preoccupato nell’audizione in commissione bicamerale sul federalismo fiscale dove è stato sentito sull’autonomia rafforzata chiesta da alcune Regioni (Lombardia, Veneto, Emilia-romagna) che la Lega spinge per concedere e che è richiamata anche nelle risoluzioni al Def. Il ministro ha fissato dei paletti: «In alcuni casi le richieste regionali non appaiono del tutto coerenti con i principi costituzionali inerenti a materie diverse da quelle elencate dalla Costituzione, che non possono essere oggetto di attribuzione. Tra queste deve ricomprendersi l’articolo 117 che affida allo Stato la competenza esclusiva in materia di sistema tributario e contabile». Tria, che poi rispondendo alle domande dei senatori ha detto che le intese in discussione con le Regioni «possono benissimo andare avanti», ha insomma voluto ribadire il confine che non può essere oltrepassato.