Il bimbo di due anni strangolato dalla madre perché piangeva troppo
La donna: «L’hanno investito». Poi confessa
La signora Dilma, la vicina di casa, ora ha l’ovetto di Pasqua tra le mani, ma non c’è più Gabriel a cui l’avrebbe voluto regalare. Guarda la foto del bimbo morto sul suo telefonino e piange: «Sapeste cosa ci inventavamo io e sua mamma, Donatella, per farlo mangiare — racconta Dilma —. Quando Gabriel non aveva appetito lo portavamo con noi, io ho un po’ di galline che razzolano in giardino e cosi con la scusa che tutti insieme buttavamo alle galline un po’ di mais, Gabriel alla fine si convinceva a mandar giù l’omogeneizzato della mamma. Bello, biondo, dolce che era...». Avrebbe compiuto tre anni il prossimo 11 dicembre. Sua madre Donatella, 28 anni, ora è in carcere a Roma, a Rebibbia. È accusata di omicidio volontario, la notte scorsa dopo ore d’interrogatorio e almeno quattro diverse versioni, ha ammesso di essere stata lei a tappare la bocca del piccolo con una mano, fino a non farlo più respirare: «Non smetteva di piangere, voleva tornare dalla nonna Rocca e dalla bisnonna Maria, strillava, Gabriel Faroleto, 2 anni, ucciso dalla madre ma io dovevo fare delle commissioni...».
Donatella Di Bona è una ragazza che non sta bene. Da diversi mesi, a raccontarlo è sua nonna Maria, chiamava in continuazione il 118: «Diceva di avere male al fianco destro, diceva che le si era gonfiato, che non le passava. Aveva l’ansia, era nervosa e dimagriva sempre più a vista d’occhio. L’ambulanza negli ultimi tempi veniva sempre, una volta è venuta di giorno e di notte, ma i medici non trovavano mai nulla, così se ne tornavano a Cassino». Il paese di Piedimonte, finora, era ricordato per la morte di un altro bimbo, Mauro Iavarone, 11 anni, massacrato da un branco di balordi il 18 novembre del ‘98 nel bosco di San Giovanni Incarico. Ora si aggiunge quest’altro dramma.
Nella casa di via Volla, un’abitazione modesta alla periferia del paese, da ieri sotto sequestro, vivevano in cinque: Gabriel e Donatella; il fratello di lei, Luciano, disabile; la mamma di Donatella, Rocca, impiegata in Comune nei lavori socialmente utili e la bisnonna Maria, anche lei disabile, che ha 78 anni ed è la madre della signora Rocca. Una povertà dignitosa, malgrado i tanti problemi.
Mercoledì mattina alle 9, Donatella di nuovo in preda all’ansia, decide di andare lei in ospedale, accompagnata da sua madre e portandosi dietro anche Gabriel. Farnetica di avere un tumore, poi dice di credere di essere spiata, parla a scatti, I medici del servizio psichiatrico di «Santa Scolastica» così le propongono il ricovero, ma lei rifiuta. Però promette che a casa prenderà tutti i farmaci che le saranno prescritti. Tornata in via Volla, intorno alle due, esce dicendo che raggiungerà un’amica in paese. Circa due ore dopo, però, ecco che Donatella ritorna con Gabriel in braccio, la donna grida, si dispera, il bimbo già non respira più. «Me l’hanno investito», è la sua prima versione.
I carabinieri non trovano però alcun segno né sulla strada né sul corpo del bimbo. Donatella cambia scenario: «Sono stata io a investirlo in retromarcia». E ancora: «Anzi no, è stato Nicola Faroleto, il papà del bambino con la sua Panda bianca». Nicola, che nel 2016 aveva riconosciuto il suo Gabriel, pur essendo già sposato e con figli, è stato subito interrogato. Ma non ci sono riscontri. Finché Donatella ammette di aver ucciso. La bisnonna di Gabriel ancora non ci crede: «Non è possibile, dormiva sempre abbracciata al suo bimbo, gli voleva bene, non è un’assassina».