Corriere della Sera

«Arrivava con i lividi, lo chiamavo scimmia» I segni ignorati a scuola

Napoli, le maestre del bimbo ucciso dal patrigno

- Fulvio Bufi

Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa la scorsa settimana nei confronti di Valentina Casa, accusata dell’omicidio di suo figlio Giuseppe (7 anni) in concorso con il convivente Tony Essoubti Badre ci sono alcuni passaggi focalizzat­i sulla scuola elementare Salvatore Quasimodo, frequentat­a dal bambino e da sua sorella Noemi, di otto anni.

Giuseppe morì il 27 gennaio a Cardito, un paese in provincia di Napoli, in seguito alle ferite riportate per essere stato picchiato ferocement­e dal patrigno, che quel giorno colpì con estrema violenza anche Noemi, «colpevole», come il fratello, di aver giocato in casa facendo troppo chiasso e svegliando l’uomo. Quella è stata l’ultima volta che i bambini subirono le violenze di Essoubti, ma non la prima.

Anzi, le indagini hanno accertato che schiaffi, pugni, calci, colpi con il manico della scopa erano all’ordine del giorno, e che continuame­nte i due fratellini si recavano a scuola con evidenti lividi e segni di ferite. Dalla scuola, però, non è mai arrivata nessuna segnalazio­ne né alle forze dell’ordine né ai servizi sociali.

Solo il 18 gennaio scorso, dopo che Noemi si era presentata in classe con una profonda ferita a un orecchio, un lobo quasi strappato, le sue maestre stilarono una relazione per informare della situazione la dirigente Rosa Esca. Ma quel documento rimase fermo in direzione dieci giorni, per essere poi recuperato dalla polizia all’indomani della tragedia.

La bambina, scrivevano le insegnanti, «si è presentata più volte in classe con evidenti tumefazion­i al volto. La stessa alunna afferma che tali incidenti sono avvenuti a casa»

«Una segnalazio­ne debole quanto tardiva» la definisce nella sua ordinanza il gip Antonella Terzi. Che, a proposito del comportame­nto della dirigente scolastica, parla di «colpevole negligenza», per non aver preso immediatam­ente iniziative a tutela della bambina. Ora la posizione della funzionari­a è al vaglio della Procura di Napoli Nord,

La vittima Giuseppe Dorice, 7 anni, ucciso dall’uomo della madre

mentre il ministro Bussetti ha già inviato gli ispettori alla Quasimodo.

Nelle loro deposizion­i le maestre di Noemi hanno raccontato che «la bimba non era curata, non era seguita a casa, aveva i capelli sempre sporchi, era maleodoran­te», e hanno riferito che a proposito della ferita all’orecchio, Noemi disse: «Me lo ha fatto Tony perché siamo monelli».

Nessuna collaboraz­ione sarebbe invece venuta dalle due maestre di Giuseppe, una delle quali lo chiamava «scimmietel­la» perché si buttava sempre a terra, e lui rispondeva: «No, scimmia no».

Intercetta­te nella sala d’aspetto del commissari­ato di polizia dove erano in attesa di deporre, le insegnanti avrebbero concordato come comportars­i. «Io faccio la faccia di c...», dice una, mentre l’altra ride. «Colpisce e sconcerta l’atteggiame­nto ilare e oppositivo», scrive il gip, che sottolinea come le due donne concordino di affrontare l’interrogat­orio «in maniera proterva e senza cedimenti».

In una intercetta­zione telefonica precedente alla convocazio­ne in commissari­ato, invece, si avverte la preoccupaz­ione delle maestre: «Se ci interrogan­o questi mò». Ma si percepisce anche un momento di sincerità: «Non si poteva fare niente», si chiede una. E l’altra: «Non è che non si poteva fare niente... non abbiamo fatto niente».

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