I dolci alla cannabis e i prodotti legali in vendita in Italia
Caro direttore, l’articolo sui dolci alla cannabis, comparso sull’edizione del «Corriere» del 14 aprile 2019 a firma Giuseppe Remuzzi, getta gravissimi sospetti su un intero settore produttivo e sugli alimenti a base di canapa. Espressioni del tipo: «Mangiare dolci alla cannabis è più pericoloso che fumarla», «Le incognite sui prodotti che ora vengono venduti in 713 negozi in tutta Italia» e più avanti: «Un business in continua crescita e praticamente senza regole, fortemente sostenuto dall’idea che chi mangia o beve marijuana non avrà i danni di chi la fuma o ne aspira i vapori» danno l’idea al lettore che in Italia ci siano oltre 700 potenziali luoghi di spaccio di stupefacenti. Marijuana infatti, nell’accezione comune, indica cannabis ad alto contenuto di THC, ossia droga.
Simili espressioni tendono ad assimilare ad attività criminali il lavoro di produttori e negozianti che operano al contrario in un settore, quello della canapa industriale, regolamentato da una legge nazionale (L 242/2016) e che tratta prodotti a bassissimo contenuto di THC. Stranamente l’articolo trascura completamente alcuni aspetti salienti del settore che descrive:
1. la maggior parte dei prodotti alimentari a base di canapa che si trovano in commercio sono derivati dai semi di canapa, in cui il THC è assente se non in tracce del tutto trascurabili, così come riconosciuto dal Ministro della Salute con la circolare del 22 maggio 2009;
2. tali prodotti alimentari sono considerati di alto valore nutraceutico in quanto ricchi in genere di acidi grassi polinsaturi, di vitamine e/o proteine (il seme di canapa contiene tutti gli amminoacidi essenziali per l’organismo umano);
3. nel caso invece di fiori di canapa in commercio nei negozi di cui tratta l’articolo, si tratta in genere (ovviamente non si può escludere qualche illecito) di prodotti a elevato contenuto di CBD (cannabidiolo), ma a basso contenuto di THC. Il CBD, come ha concluso una recentissima indagine dell’oms, ha comprovati effetti salutistici e terapeutici e nulla ha a che fare con le sostanze stupefacenti. Quello di cui parla l’articolo circa la pericolosità della cannabis commestibile deriva dai dati pubblicati su «Annals of Internal Medicine» (marzo 2019). Nell’articolo si dice anche esplicitamente che nei prodotti alimentari che si vendono in Italia di THC ce n’è poco o addirittura nulla e che questi prodotti non hanno niente a che vedere con quelli che si vendono negli Stati Uniti. Il valore nutraceutico andrebbe documentato da studi adeguati, ma questo non mi risulta sia stato fatto. Sulle proprietà benefiche che Federcanapa attribuisce ai fiori di canapa non posso esprimermi perché non so cosa voglia dire «comprovati effetti salutistici».