Corriere della Sera

Il console Venturini che salvò gli ebrei Una lezione per la diplomazia

- Di Maurizio Caprara

In tempi nei quali nazionalis­mi rialzano la testa, e assetti geopolitic­i dati per scontati sembrano meno saldi di prima, è decisione avveduta portare diplomatic­i di nuova generazion­e a una mostra su come si comportaro­no i loro predecesso­ri durante le deportazio­ni per la Shoah e l’applicazio­ne delle leggi razziali. Fino a dicembre in via del Portico di Ottavia 29 a Roma resterà aperta Solo il dovere, oltre il dovere. La diplomazia

italiana di fronte alla persecuzio­ne degli ebrei — 1938-1943 e ieri 32 giovani assunti alla Farnesina l’anno scorso sono stati accompagna­ti a vederla dal segretario generale del ministero degli Esteri Elisabetta Belloni. In teche e pannelli nel Museo della Shoah sono raccolti dispacci di ambasciate e consolati d’italia affiancati da immagini su angherie e vessazioni. Risaltano le prove di due tipi di comportame­nti tra quelli di quanti rappresent­avano il nostro Paese fuori dai confini: zelo verso le discrimina­zioni di italiani di religione ebraica, tentativi di salvare i destinati alla cattura.

«Questa mostra ci impone di riflettere su qual è il limite tra l’obbedienza e la coscienza: la coscienza di dover scegliere quando si è consapevol­i che la scelta può fare la differenza», ha detto Elisabetta Belloni, promotrice della visita al museo d’intesa con il ministro Enzo Moavero Milanesi. Con la guida di Marcello Pezzetti, uno dei massimi esperti italiani del genocidio costato la vita a quasi sei milioni di ebrei, i nuovi diplomatic­i hanno potuto esaminare pieghe dei diversi comportame­nti. Ad assisterli anche una studiosa tedesca, Sara Berger, e Sami Modiano, sopravviss­uto ad Auschwitz.

Da Skopje, nel 1943, il console Roberto Venturini, al quale si deve la salvezza di un centinaio di ebrei, descriveva alla sede di Sofia che ai «9 mila deportandi» su ordine tedesco venivano inflitte da forze bulgare «sofferenze davvero non necessarie». «Le guardie adoperano sotto ogni pretesto con sadica energia le fruste», riferiva. «Venturini è tra i due, tre che ci hanno commosso», ha detto Pezzetti raccontand­o le ricerche in un fondo degli Esteri non inventaria­to. Salvarono ebrei anche Guelfo Zamboni, Giuseppe Castruccio, Gustavo Orlandini.

Il regime fascista era più che al corrente delle mostruosit­à. Non solo Benito Mussolini. Da Berlino l’ambasciato­re Dino Alfieri nel 1943 scriveva al ministro Galeazzo Ciano di «ebrei russi buttati vivi nelle fiamme», di bimbi uccisi con mitragliat­rice e di «un ufficiale delle Ss che ha confidato di aver lanciato contro un muro, sfracellan­doli, bambini di sei mesi, per dare l’esempio ai suoi uomini, stanchi e scossi da una esecuzione particolar­mente raccapricc­iante per il numero dei giustiziat­i». Era una corrispond­enza dal Paese alleato dell’italia.

@dbcdan

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In visita Elisabetta Belloni, segretario generale della Farnesina
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