Corriere della Sera

BUSSOTTI: MUSICA, TEATRO ARTE, COLLAGE

La mostra a Milano

- Di Sebastiano Grasso sgrasso@corriere.it

Sicurament­e la passione di Sylvano Bussotti (Firenze, 1931) — che dalla musica arriva all’arte visiva — nasce in casa. Basta dare uno sguardo alla sua biografia. Musica. Comincia con le lezioni di violino al «Cherubini» del capoluogo toscano e prosegue con lo studio di armonia, contrappun­to e pianoforte (con Luigi Dallapicco­la). Quindi, a Parigi, segue Max Deutsch, Pierre Boulez, Klaus Metzger e in Germania, a Darmstadt, John Cage. Qui, nel ’58, a 27 anni, vengono eseguite al pianoforte alcune sua pagine musicali: direttore Boulez.

Arte. Da parte di madre, Bussotti è nipote di Tono Zancanaro, con il quale ha molti punti in comune. A parte l’accostarsi all’arte poco prima dei trent’anni, quelli che Carlo Bo chiamava «incontri capitali» con artisti, letterati e musicisti. Anarchico e autodidatt­a, Zancanaro, prima di misurarsi con matite e colori, aveva fatto il meccanico nell’officina del padre, il calciatore (terzino) e l’impiegato di banca. L’incontro con Ottone Rosai cambia la sua vita. Invece, a Tono —– ricorderà Raffaele De Grada — «bastava annusare la bellezza come una presa di tabacco dalla scatola occulta della sua inesauribi­le fantasia, et voilà, il gioco era fatto».

Raffaele e Tono erano amici dagli anni Quaranta, dal tempo del sodalizio milanese di «Corrente» (Treccani, Ferrata, Anceschi, Birolli, Migneco, Guttuso, Quasimodo, Persico, Banfi, Sereni, Lattuada, Joppolo e altri) e del Gibbo, personaggi­o caricatura­le inventato da Zancanaro per raffigurar­e il Duce. Altri «incontri capitali»? Lionello Venturi, Concetto Marchesi e Carlo Carrà.

A sua volta, Bussotti è stato uno dei fondatori del Gruppo 70 (che raggruppav­a Eco e Dorfles, Miccini, Pignotti e Sanguineti, Bueno, Loffredo e Moretti nell’ambito letterario e pittorico, oltre a quello musicale con Chiari, Castaldi e Grossi) ed ha fatto parte di Fluxus, movimento d’avanguardi­a internazio­nale (Brecht, Higgins, June Paik, Beuys, ecc.).

Zancanaro ha un gusto scenografi­co che trasmette al nipote. Personaggi grotteschi, feroci, popolari e popolaresc­hi, fantastici e reali spesso si fondono anche con la musica (per esempio le chiose a tratti sulle partiture di Sylvano). Su questa linea si pone, quindi, anche il Bussotti regista, scenografo e costumista. E, naturalmen­te, la sua produzione d’artista che fa da contrappun­to a quella musicale. Soprattutt­o i collages. Milano ne presenta adesso una cinquantin­a (Memorie e frammenti di vita privata, anni Sessanta-novanta) — realizzati su cartoni, legni e persino su una copritasti­era di pianoforte — alla Galleria Clivio di Foro Buonaparte 48 (sino al 28 aprile), a cura di Stefano Sbarbaro.

I titoli? Franz Schubert, Il giardino delle nequizie, Senza pietà (Anni 60); Impure acts, I sette peccati (Anni 70), La passion selon Sade (Anni 80, nella foto). La maggior parte, comunque, sono lasciate «senza titolo».

La Passion selon Sade è considerat­o «il lavoro più ardito, sperimenta­le e innovativo tra quanti creati da Sylvano Bussotti per il teatro musicale. E l’annotazion­e non è di secondaria portata, anche storica, se si considera che la Passion fu scritta e rappresent­ata in un’epoca in cui il teatro musicale sperimenta­le delle avanguardi­e europee percorreva i suoi primi e ancora timidi passi verso la definizion­e di una drammaturg­ia antimelodr­ammatica e congrua ai nuovi linguaggi». La qual cosa farà dire a Roland Barthes: «Un manoscritt­o di Sylvano Bussotti è già un’opera totale».

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