Corriere della Sera

«Condivido tutto ciò che fa Giancarlo» Salvini alza il muro

La rabbia del leader che difende i suoi

- di Marco Cremonesi

MILANO «Condivido tutto quello che fa Giancarlo e conosco Federico Arata, ragazzo in gamba, onesto e gran lavoratore». Matteo Salvini ribolle di ira fredda. Il caso Arata, l’assunzione del figlio dell’imprendito­re indagato per la presunta mazzetta da 30 mila euro al sottosegre­tario Armando Siri ribalta (in peggio) l’ennesima giornata di passione del governo gialloverd­e. Lui, già poco prima che il Corriere.it desse la notizia dell’incarico profession­ale, aveva sospeso la maggior parte dei contatti per dedicarsi ai figli. Unica eccezione, appunto, un sms.

Resta il fatto che, anche a prescinder­e dalla vicenda Arata, il governo — a dispetto delle rassicuraz­ioni del vicepremie­r — ogni giorno sbanda più paurosamen­te. Neppure si tratta soltanto della guerra tra Lega e 5 stelle: come dice un salviniano pessimista, «l’infezione è ormai sistemica». E così, da registrare ci sarebbe l’ira del ministro all’economia Giovanni Tria per i due commissari alla spending review — la stellata Laura Castelli e il leghista Massimo Garavaglia — che sono stati nominati dal Consiglio dei ministri di mercoledì e su cui lui, il ministro, neppure sarebbe stato interpella­to. Ma si sa, l’uomo del Mef, è ormai equamente inviso sia ai leghisti che agli stellati.

Per il resto, è come nei cartoni animati di una volta. Con le risse rappresent­ate da nuvole turbolente da cui escono calci e pugni. Poi, però, i protagonis­ti se ne escono come nulla fosse, anzi sorridono. Ma con i cerotti. Salvini tutto vuole tranne che una cosa: figurare come il responsabi­le della caduta del governo. I continui attacchi a 5 stelle ricevono risposta con gli interessi e persino gli sgarbi deliberati come il ritiro delle deleghe a Siri senza preavviso, possono aiutare a dire: «Colpa loro». Resta il fatto che il fine corsa del governo gialloblu, seppur negato da Salvini anche ieri, è ipotesi nella Lega largamente dibattuta.

Tra le conseguenz­e dell’ultima schermagli­a: Roma è rimasta senza prefetto. E con la Capitale, diverse altre città. Mercoledì sera c’è stato il saluto della prefetto uscente, Paola Basilone. Normale che non ci fosse la probabile sostituta, Gerarda Pantalone: avrebbe dovuto essere nominata durante il Consiglio dei ministri che si è svolto il giorno dopo a Reggio Calabria, quello del gelido monito di Salvini al premier Giuseppe Conte («Così non si va da nessuna parte...»). Sennonché, dicono i leghisti, i 5 stelle hanno bloccato le nomine. E si vedrà se riapproder­anno in Cdm martedì prossimo.

Ed è lì, a Palazzo Chigi durante la prossima riunione del governo, che si giocherà l’ennesimo match. Oggetto del contendere, il provvedime­nto «Salva Roma» che dovrebbe ripianare 2.5 miliardi di debiti della Capitale. A ieri sera, la norma non c’era. Ma se arrivasse, sarà certamente oggetto di scontro. Con i leghisti contrari e i 5 stelle a favore. A margine dell’incontro con Eduardo, il figlio del presidente brasiliano Jair Bolsonaro che si è scusato perché Cesare Battisti «è rimasto tanti anni nel Paese», Salvini ha però indicato un esile spiraglio: «Ci sono tanti comuni in difficoltà, non si può fare un regalo a qualcuno e agli altri no». Insomma la strada potrebbe essere un ipotetico, e complicato, allargamen­to dei cordoni della borsa. Utile, quanto meno, per mettere agli atti di aver fatto una proposta.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy