Corriere della Sera

Il sottosegre­tario «Paolo un amico Non vedo perché dovrei lasciare»

- Monica Guerzoni

Paolo Arata? «Un amico». Armando Siri non rinnega i rapporti con il docente genovese per il quale è finito nei guai, mettendo a rischio il governo. Il sottosegre­tario ai Trasporti, indagato per corruzione e spogliato delle deleghe, racconta che lui e l’ex parlamenta­re di Forza Italia indagato si vedevano spesso: «La moglie fa teatro, conosco i figli». Federico Arata si è scoperto che lavora a Palazzo Chigi, al fianco del sottosegre­tario leghista, Giancarlo Giorgetti. Si dice anche che sia stato lui a presentare Matteo Salvini al «guru» del sovranismo internazio­nale, Steve Bannon: «Di certo Federico Arata conosce Bannon — conferma Siri — Ma non so, non credo stia stato lui a fargli conoscere Salvini».

Davanti ai magistrati il senatore leghista dovrà rispondere di quella intercetta­zione, in cui Arata parla all’altro figlio, Francesco, di una mazzetta da 30 mila euro. «Ma siamo pazzi? Non ho mai preso un soldo. Ma io che ne so di cosa c’è nel cervello della gente? Per 30 mila euro, poi. Ma non lo avrei fatto comunque. E non ho mai pensato...». Non ha mai pensato che Arata fosse legato all’imprendito­re dell’eolico Vito Nicastri, accusato di aver favorito la latitanza del boss mafioso Messina Denaro? «Rabbrividi­sco. Chi sia Nicastri l’ho imparato dai giornali».

Siri si mostra sgomento, chiede come sia possibile che «non esista una sorta di organismo» a protezione dei membri del governo: «Qualcuno che ci possa avvertire, quando intorno a noi si muovono persone strane». Salvini lo ha chiamato e lo ha trovato «tranquilli­ssimo». Ma la telefonata da Palazzo Chigi ancora non arriva: «Perché Conte dovrebbe chiedermi di dimettermi? Io sono innocente. E comunque faccio quello che dice Salvini». Luigi Di Maio rivendica di aver bloccato quello «strano» emendament­o, che sarebbe legato alla presunta mazzetta. «Ma stiamo scherzando? — si arrabbia Siri — Io ho fatto un emendament­o normale, che come tanti altri è stato bloccato. E non ho mai insistito perché fosse approvato». Possibile che non avesse capito chi c’era dietro? «Non l’ho capito, no. Arata mi ha detto che rappresent­ava un’associazio­ne dei piccoli imprendito­ri dell’eolico. Diceva che la filiera era in ginocchio, mi ha fatto una testa così e io gli ho detto va bene, mandamelo. Non sono andato a vedere nel dettaglio».

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