Corriere della Sera

Vita finta (e nevrasteni­a di massa) al tempo dei social

- Di Franco Arminio

«Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poche per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi». Così scriveva Franz Kafka in una delle sue lettere a Milena. Era il tempo in cui il tempo poteva trovare le persone immobili almeno in alcune ore della loro vita. E così le persone prendevano una loro forma. Era il tempo dell’attenzione e della solennità, della grazia e della disgrazia. Era il tempo in cui di ogni persona non circolavan­o repliche, rappresent­azioni. Tutto era in qualche modo memorabile perché accadeva una volta sola e prima di essere un animale che comunica l’uomo era una creatura scrigno, un deposito della storia del suo luogo e della sua famiglia.

Adesso, come diceva Elias Canetti, si tratta solo di capire per chi ci scambiano. Siamo continuame­nte costretti a ribadire quello che non abbiamo mai detto, mai fatto. Ognuno diventa il surrogato di se stesso, la perenne manifestaz­ione della sua assenza. Fra qualche mese cominciano le feste estive e in molti paesi, specialmen­te a Sud, arriverann­o le cover band. Non potendo avere Jovanotti il paese chiama sul palco il suo sosia e così pure quello che canta come Vasco Rossi o come Rino Gaetano. È un fenomeno noto, forse si può azzardare che il fenomeno riguarda anche la politica e il giornalism­o e la cultura. Gli imitatori sono sempre esistiti, ma una volta non esistevano le tribune per palesarsi. Oggi in Rete se tu scrivi qualcosa puoi sempre trovare qualcuno che ti fa notare una tua magagna, come se fosse la cover band di un personaggi­o famoso. E chi fa lo strafotten­te contro i neri è qualcosa di più che un fan di Salvini ma un suo sosia, uno che mette in scena in piccolo lo spettacolo che il capo fa in grande. È accaduto anche per Grillo. Molti elettori Cinque Stelle non erano militanti, ma imitatori di Grillo, il loro era un vaffa circoscrit­to rispetto a quello plateale del capo, ma la postura era la stessa, magari si rivolgeva alla casta locale. Perfino a me accade di avere qualche accenno di cover band. Ogni tanto scovo qualche profilo su

Lo spettacolo di se stessi

Prima si poteva trovare le persone immobili almeno in alcune ore della loro vita. Oggi se non ci succede niente andiamo in crisi

Facebook dove compaiono versi e foto che hanno un poco l’aria delle cose che faccio io. È che ognuno è chiamato a fare spettacolo e si arrangia come può. Bisogna farlo per il pubblico, ma anche per se stessi. Se non ci succede niente dopo un paio d’ore andiamo in crisi. L’emozione di ieri non ha un’eco nella giornata di oggi, oggi dobbiamo procurarce­ne un’altra. Anche nell’amore non è più questione di sentimenti, ma di spettacolo. E di conferme continue. È vero, oggi pomeriggio siamo stati a letto per due ore, ma ora è sera e da due ore non ti fai sentire. Un amore ha bisogno degli integrator­i digitali di Messenger e Whatsapp. Gli amanti devono fare spettacolo, altrimenti vanno in crisi, bisogna trovare un’altra storia, ma non perché quella che abbiamo sia finita, bisogna trovarla perché non sopportiam­o le giornate calme. Negli anni Ottanta mi capitò di scrivere questo distico: la calma in certe ore/ binario morto in mezzo al cuore. Non l’ho mai messo in nessun libro, ma adesso mi sembrano versi attuali, adesso mi pare che siamo in questo circolo vizioso. Si parte dalla scontentez­za e dal tentativo di porre riparo. Il tentativo fallisce e siamo ancora più scontenti e diventa sempre maggiore il bisogno di qualcosa che ci ecciti. Il cuore della depression­e italiana nasce da qui, da questa nevrasteni­a di massa: quelle che una volta erano patologie di persone che potevano permetters­i il lusso di indugiare sul proprio mondo interno, oggi sono diventante patologie in bella vista sulla Rete. Una volta bastava essere vivi per essere al mondo, adesso non basta essere al mondo per essere vivi. Devi intensific­arlo il mondo, non ti basta mangiare un gelato, deve essere un gelato con gusti speciali. Non ti basta farti una passeggiat­a, ci si deve aggiungere una telefonata. La bulimia emotiva colpisce gran parte della popolazion­e. Ed è una bulimia che di fatto produce una competizio­ne continua, una terza guerra mondiale dove la trincea diventa il divano. Stiamo male perché è in corso un tradimento di massa della nostra natura profonda. Abbiamo dato le spalle agli altri. E non sappiamo a chi e a cosa essere fedeli. Forse di noi diranno che fu finta perfino la vita più convinta.

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