Corriere della Sera

Il mio loft nel verde dove cresce l’arte

A Milano gli spazi aperti di Francesca Levi in una ex fabbrica di bagni galvanici «E ho scelto il bianco delle strisce pedonali»

- Melisa Garzonio

«Abitavamo in una casa bellissima, una villa palladiana immersa nel verde di San Siro. Ma quando morì mia madre, (l’artista Fulvia Levi Bianchi, ndr), nel 2006, decisi che sarei tornata a vivere qui, nel suo loft al pianoterra nel centro di Milano, una ex fabbrica di bagni galvanici ingombra di utensili e vasche per il trattament­o dei metalli. Ci mise anni di fatica e renderlo vivibile». Francesca Levi Tonolli è una giovane signora elegante, dai modi travolgent­i. Alta, slanciata, indossa una semplice gonna jeans e una giacca delle «sue», perché oltre a proseguire il lavoro di designer di mobili, adesso Francesca è anche stilista di capi

spalla e le sue giacche d’autore, ben costruite e con i bordi svolazzant­i, sono pezzi unici dipinti a mano.

«Mamma era così femminile, per lei avrei disegnato una giacca con sfumature rosa, come i capelli della sua Marilyn, un quadro che illumina il mio salotto di un’incredibil­e dolcezza dorata». In questo appartamen­to l’artista Fulvia aveva mescolato abitazione e studio, ci viveva e lavorava, riceveva gli amici pittori e letterati, Lucio Fontana («un gran signore») con la moglie Rosita, il critico d’arte Arturo Schwarz che fece conoscere a Milano il Surrealism­o, il francese Pierre Restany, fondatore del movimento del Nouveau Realisme. «In queste stanze ritrovo mia madre, la sua arte e poi, lo voglio dire, la casa era così vicina al Duomo e io ho avuto sempre una passione per le finestre con vista sulla Madonnina. Non fu facile, però, convincere mio marito». Ma alla fine, Alessandro Tonolli, ingegnere chimico e collezioni­sta d’arte e di auto d’epoca, rinunciò alla villa e si assunse un compito, la moglie avrebbe studiato gli arredi e disegnato i mobili, lui avrebbe provveduto a dotare gli spazi con opere indimentic­abili: dipinti, sculture, modellini di automobili e varie preziosità del suo repertorio di collezioni­sta onnivoro.

Casa Levi Tonolli è, dunque, densa, affollata di bellissime cose, ma non ingombra. L’appartamen­to è infatti suddiviso in modo arioso tra una zona bassa e una interament­e soppalcata con vista, non invasiva, su un giardino d’interni, le finestre dei vicini e un’ampia fetta di cielo milanese. Sopra, due camere da letto e una zona ospiti, sotto altre due stanze di servizio e la lavanderia. «Il verde lo porto nel cuore — dice Francesca —, ho viaggiato tanto, e spesso a San Paolo del Brasile, dove oggi vive nostro figlio Edoardo. Dal Sud America arriva l’amore per le orchidee, le palme, e la macchia esotica che spicca al centro del salotto, nella fioriera

L’omaggio

«Sono tornata a vivere dove mia madre artista riceveva Fontana e Restany»

libreria fatta in moduli componibil­i progettata da Francesca. Sono pezzi unici, che si possono assemblare, dividere, impilare, comodi, funzionali, facili da tenere in ordine.

«Ho rifatto tutti i miei mobili in mignon, e se si pensa che lavoro dal 1990, ho raccolto un archivio smisurato» spiega la designer. Aiuti esterni? «Solamente per le questioni tecniche. La dimora è nata e cresce con noi. Siamo aperti ai cambiament­i. Ma dico no alle pareti, qui ci si muove fra griglie ariose, su un pavimento bianco copiato alla pittura delle strisce pedonali. Niente di meno romantico, vero? Soltanto in una stanza ci siamo lasciati andare al mood confidenzi­ale, la sala da pranzo con tavolo in cristallo, dove abbiamo inserito perfino il parquet». La luce, calda ma non diretta, piove da un lume inventato con carta da forno strizzata sulla lampadina e da un lampadario impero fine ’700, che fa il paio col grande mobile della stessa epoca di cui esiste soltanto un secondo esemplare a Venezia, a Ca’ Rezzonico. Un pezzo da capogiro che, insieme a una coppia di divani «Lei» e «Lui», affiancati da due lampade-sculture (progetto di Levi Tonolli), compongono l’angolo salotto: sopra Otello e Tosca, così si chiamano i divani, il rosso cangiante di un dipinto di Gianfranco Pardi e di una tela estrofless­a di Agostino Bonalumi, artisti che spesso erano ospiti nel loft di mamma Fulvia.

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Spazi candidi Nella foto grande, il vasto soggiorno nel loft milanese. A destra, in alto, la designer Francesca Levi Tonolli e, in basso, un controcamp­o del soggiorno. In basso una scultura di M’horò, tratta da un vecchio radiatore (fotoserviz­io Carla Mondino)

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