Un racconto tra verità e sentimento, c’è da fidarsi
Questo libro porta con sé due doni: la verità e il sentimento. Il primo nasce dalla competenza di Giorgio Terruzzi, dalla sua professionalità, dal suo essere giornalista attento ai particolari, dedito allo studio, rispetto della storia, della Formula 1, e delle storie, di chi vive questo strano sport da protagonista, a cominciare sicuramente dai piloti, basta vedere come Terruzzi li fissa prima, li rincorre poi, li pedina, non li perde mai di vista, va in curva a
studiarli, entra in confidenza con loro, sì lui ci riusciva, ora meno perché li frequenta poco avendo abbandonato la vita randagia dell’inviato e poi i piloti di adesso sono molto più robot e meno umani, attorniati da agenti, media manager, sponsor, avvocati che, a sentir loro, li proteggono estraniandoli dalla vita vera. Terruzzi prendeva sottobraccio Senna, uno difficile, uno che non dava tanta confidenza, anche originale, difatti a volte Ayrton si metteva a dialogare con Dio preferendolo agli uomini, ma con Terruzzi si fermava, lo stava a sentire, gli raccontava quasi tutto, compresi i suoi tormenti. Tanti giornalisti, anche quelli che vanno per la maggiore e stanno in tv a raccontarsela, in questi anni hanno spacciato amicizie e conoscenze con il fuoriclasse brasiliano che non sono mai esistite, Senna li salutava sì e no, a stento. Terruzzi era tra i pochi, si arriva a 5-6 giornalisti nel mondo, non di più, che con Senna aveva un rapporto, di lui sapeva tutto, aiutato anche da un’altra amicizia, quella con Gerhard Berger, il compagno di squadra più fedele e intelligente del Campionissimo. Ecco qui il secondo dono: il sentimento di affetto per il fuoriclasse brasiliano rende tenero confortante poetico «Suite 200 L’ultima notte di Ayrton Senna»: a 25 anni dalla morte del grande Ayrton (1 maggio 1994, un giorno maledetto) è una gran bella lettura.