Corriere della Sera

«Un’altra maggioranz­a è possibile» Spunta un piano B nel centrodest­ra

C’è chi cerca «responsabi­li» tra gli ex M5S. Berlusconi e Salvini tornano a sentirsi

- Tommaso Labate

«Ragazzi, io di tornare insieme a Berlusconi non me la sento proprio». Fino a qualche settimana fa, senza far ricorso a eufemismi di maniera, Matteo Salvini scuoteva la testa di fronte ai leghisti che gli chiedevano conto della possibilit­à di rompere l’asse di governo coi M5S per tentare il ribaltone col vecchio centrodest­ra. Succedeva dopo che il «filotto» di vittorie alle elezioni regionali aveva rianimato la voglia, soprattutt­o negli ambienti del partito più sensibili alle sirene dei governator­i Luca Zaia (Veneto) e Attilio Fontana (Lombardia), di tentare di cambiare il segno alla maggioranz­a.

A un mesetto di distanza da quel «niet», la posizione del leader leghista comincia a scricchiol­are. Nel senso che sì, è vero, l’opzione numero uno rimane quella di resistere fino a ottobre per poi tentare la corsa solitaria alle elezioni anticipate. Ma è altrettant­o vero che le posizioni di Salvini e Berlusconi, che a occhio nudo sembrano sideralmen­te distanti, nella realtà lo sono molto meno.

Un esempio? Nelle agende della segreteria berlusconi­ana di Arcore, dove rimane traccia delle telefonate in entrata e in uscita anche quando l’ex premier è fuori sede, è spuntata nella giornata di ieri la parola «Salvini». Impossibil­e sapere chi ha chiamato chi, quanto è durato il contatto o se è possibile che i due si siano visti o che si possano vedere nei prossimi giorni. Più facile intuire che l’occasione dello scambio di auguri di Pasqua possa aver segnato l’ennesimo passaggio di un riavvicina­mento.

Quanto è possibile che dopo le Europee Salvini giochi la carta di far cadere il governo per tentare la strada di un accordo parlamenta­re con FI e Fratelli d’italia? Nella squadra dei leghisti di governo e sottogover­no, tra quelle stesse persone che fino a ieri l’altro negavano con fermezza la possibilit­à di un ribaltone si registra un cambio d’atteggiame­nto. Un componente del governo Conte la racconta così: «Fino alla settimana scorsa, il legame solidissim­o tra Di Maio e Salvini era il collante per tenere insieme noi e i Cinquestel­le. Ora quel rapporto è saltato. Da quando i M5S hanno lasciato trapelare l’insofferen­za dello Stato maggiore contro il Viminale per la faccenda degli sbarchi, il rapporto tra i due ha cominciato a consumarsi come un fiammifero. E oggi, dopo il caso Siri, è come se non esistesse più…».

Forza Italia, non è un mistero, preme perché si tenti il tutto per tutto. Addirittur­a c’è chi avrebbe individuat­o nell’ex M5S Salvatore Caiata, deputato e presidente del Potenza Calcio, l’uomo in grado di far transitare per il gruppo misto quelle decine di «transfughi» M5S che — pur di evitare le urne — sosterrebb­ero un governo di segno diverso. Sensazioni, impression­i, per ora. Come quella a cui ha dato fiato un preoccupat­issimo Marco Minniti qualche giorno fa, confidando­si con alcuni colleghi del Pd. «Guardate che Salvini non rischierà mai di andare al voto», è stato il ragionamen­to del suo predecesso­re al Viminale. «Perché ha in tasca, e con questo Parlamento, la possibilit­à di eleggere nel 2022 un presidente della Repubblica “di destra”, in grado di cambiare per sempre il sistema politico. Io le ho viste coi miei occhi, le prove generali di quel voto per il Colle. Guardate com’è finita sulla legittima difesa. Tutti a favore tranne un centinaio, noi e quelli della sinistra. Un incubo...».

Minniti e il Colle

L’ex ministro: «Matteo ha le carte per fare eleggere nel 2022 un presidente di destra»

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