Per salvare Roma soldi a 14 città
Decreto crescita, lo scontro nel governo. Il Carroccio frena sulla Capitale Il possibile patto: fondi a tutti i centri metropolitani
Il nodo è tutto politico. E in fondo ha poco a che fare con il merito in senso stretto del provvedimento. Ma nonostante le accuse che in queste ore Lega e Movimento 5 Stelle continuano a scambiarsi, una mediazione sembra possibile. Un compromesso che salverebbe il meccanismo che trasferisce allo Stato la gestione del debito storico del Comune di Roma, 12 miliardi di euro. E allo stesso tempo aprirebbe la strada a una serie di misure per alleggerire la gestione del debito anche di altri grandi capoluoghi, a partire dalle 14 città metropolitane.
Tra martedì e mercoledì il consiglio dei ministri dovrebbe approvare il decreto legge per la crescita. Sarebbe il secondo via libera, dopo quello del 4 aprile scorso arrivato con la prudente formula del salvo intese. Di quel testo si erano perse le tracce e, dopo il richiamo del Capo dello Stato, il provvedimento sarà esaminato di nuovo in consiglio dei ministri prima di essere inviato alle Camere.
Il nodo tutto politico ancora da sciogliere riguarda proprio la norma sul debito del Comune di Roma. Fortissimamente voluta dal Movimento 5 Stelle, fortissimamente criticata dalla Lega. L’articolo 49 trasferisce allo Stato la gestione di parte del debito storico accumulato dalla Capitale. Il meccanismo è complesso. In sostanza una parte degli interessi, poco meno di 80 milioni, verrebbero pagati direttamente dal ministero del Tesoro invece che dalla gestione commissariale creata nel 2008, con fondi ricevuti sempre dal Tesoro. Una specie di partita di giro concordata dalla sindaca di Roma Virginia Raggi con la sua collega di partito Laura Castelli, vice ministro dell’economia. Il meccanismo dovrebbe consentire in futuro di abbassare l’addizionale Irpef del Comune di Roma, la più alta d’italia.
In questo momento di duro scontro tra Lega e Movimento Stelle, e dopo aver messo nel mirino proprio la sindaca Raggi, Matteo Salvini non ne vuole sentire parlare. Almeno non a queste condizioni. Il ministro dell’interno ripete che «non ci sono comuni di serie A e comuni di serie B. Quindi, siccome ci sono tanti comuni in difficoltà in Italia, non penso che si possa fare un regalo a qualcuno, ignorandone altri».
La mediazione è nelle mani del premier Giuseppe Conte. Che ha chiamato in causa i due vice ministri dell’economia, la stessa Castelli per il Movimento 5 Stelle e Massimo Garavaglia, per la Lega. La Lega premeva per estendere ad altre città il meccanismo pensato per Roma. Ma tecnicamente non è possibile perché la Capitale è l’unica ad es
Il richiamo
Conte vuole la legge entro mercoledì, dopo il richiamo del Capo dello Stato
sere commissariata per la gestione del debito. Allo studio, però, ci sono interventi per alleggerire la gestione del debito delle grandi città capoluogo. Al momento l’attenzione si è concentrata sulle 14 città metropolitane. I loro sindaci o rappresentanti si sono incontrati nei giorni scorsi proprio con Castelli. Oltre a Roma, ci sono Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Torino e Venezia. Sarebbe un modo per venire incontro alle
obiezioni di Salvini. Sul piano tecnico la soluzione è fattibile. Ma non è detto che regga al fuoco incrociato tra i due alleati di governo, che ha che fare con i rapporti di forza nella maggioranza.
A premere per una soluzione è soprattutto il presidente del consiglio. Anche perché il decreto crescita, almeno nelle intenzioni del governo, dovrebbe spingere l’economia in un momento difficile come questo. Nel testo ci sono diverse misure attese dagli imprenditori, come lo sconto sull’imu per i capannoni, il ritorno del super ammortamento, oltre che le regole per i rimborsi ai risparmiatori coinvolti nelle crisi bancarie, che hanno tenuto in scacco il governo per settimane intere.