Dispetti e ripicche, rischio boomerang per i vice premier
Dritti al cuore del problema: è mai possibile governare un Paese a colpi di ripicche, dispetti, vendette? Che la storia non abbia insegnato che in politica, ancor più che nel resto della vita quotidiana, le ritorsioni possono avere un brutto effetto boomerang? Se intraprendi il percorso della vendetta, inizia a scavare due tombe: una per il tuo nemico, e una per te, recita una massima di Confucio che sembra calzare a meraviglia alla rissa tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Sono davvero sicuri i due vicepresidenti del Consiglio che lanciarsi bordate di parole velenose e — ancor peggio — sabotare l’uno i provvedimenti proposti dall’altro, sia foriero di risultati positivi? Al di là della scadenza elettorale del 26 maggio, non pensano che ci sia un Paese attonito che assiste a quello che nel far west avrebbe avuto i connotati di una rissa da saloon con tanto di lancio di sedie e bottiglie? Ammettiamo anche che ci siano tifoserie a sostenere questa lunga, vergognosa scazzottata di governo, ma come pensano reagirà, alla lunga, la maggioranza degli italiani? Davvero pensano che i muscoli attraggano più del confronto? Che senso ha — esempio tra le molte ripicche in corso — bloccare un provvedimento che, sulla carta, dovrebbe rimettere in moto la Capitale? Posto che ormai da settimane Salvini sta attaccando (non senza ragioni, va detto) la gestione della sindaca Virginia Raggi, immaginando di sostituirla al più presto con un esponente della Lega, è politicamente intelligente bloccare una norma che aiuterebbe i romani?
Non sarà che, nella foga di menar colpi, si stiano smarrendo lucidità e senso dello Stato?