CIPRO, L’ISOLA SALVATA DAI RAGAZZINI
Viaggio nella Repubblica nel cuore del Mediterraneo che, per ultima nella Ue, ha «tassato» i sacchetti del supermercato e chiuso le discariche a cielo aperto. Ora promette di stare al passo con gli standard di Bruxelles e di combattere l’inquinamento dei
N el centro storico di Nicosia, a pochi metri dal filo spinato che ancora spezza la città in due, ultima in Europa trent’anni dopo la caduta del Muro di Berlino, i gatti non mangiano dalle ciotole. Si servono direttamente dai sacchetti di plastica abbandonati in strada. A Cipro, l’organico si ricicla solo così. E i gatti sono ben pasciuti. A oltre 170 chilometri di distanza, sulla spiaggia sabbiosa di Lara, nel parco della penisola di Akamas, affiorano mozziconi di sigaretta, cannucce scolorite, brandelli di copertoni e tantissime microplastiche. In estate, qui nidificano e nascono le tartarughe Caretta Caretta. È una zona protetta, eppure la buona volontà del servizio che tutela questi animali preistorici non può impedire l’arrivo dei rifiuti dal mare.
«Cipro è un’isola fortemente colpita dall’inquinamento marino, al 90 per cento plastica — ammette Costas Kadis, ministro dell’ambiente della Repubblica di Cipro, l’unica riconosciuta dalla comunità internazionale —. In ogni chilo di sabbia, sulle nostre spiagge, si annidano microplastiche provenienti da 17 fonti diverse. Frammenti piccolissimi che s’infilano ovunque, anche nei tessuti umani».
In ritardo con le direttive Ue
L’inquinamento marino è un’emergenza internazionale. E Cipro è diventata, suo malgrado, uno degli osservatori più caldi nella lotta dell’unione europea ai rifiuti plastici. Anche perché è stato uno degli ultimi Paesi dell’ue, assieme alla Spagna, a recepire la direttiva 2015/720 del Parlamento di Strasburgo che impone agli Stati membri la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (con spessore inferiore a 50 micron). Soltanto dal luglio scorso gli isolani (della parte greca) sono costretti a pagare 5 centesimi + iva se vogliono mettere la spesa in un sacchetto usa-egetta. «Sì, siamo in ritardo. Colpa della burocrazia ma la gente ha risposto benissimo, in pochi mesi l’uso di questi sacchetti è crollato dell’85% — assicura il ministro — e ora sono in corso consultazioni per ristrutturare completamente il nostro sistema di gestione dei rifiuti e raggiungere i target stabiliti da Bruxelles».
Kipros si dà un gran daffare sulla spiaggia di Faros, correndo qua e là, davanti ai pallavolisti russi e alle due turiste olandesi spalmate sulle sdraio. Ha 11 anni e, assicura il preside della scuola elementare di Geroskipou, località balneare del sud, è un piccolo genio della matematica. Lui alza le spalle, ride con la fessura fra i due incisivi che sembra allargarsi ancor di più, e continua a raccattare pattume dalla sabbia: «A me piace questa lezione sull’ambiente!!!». Alla fine del «clean up» lui e i suoi compagni di classe hanno raccolto oltre 4 chili e mezzo di schifezze: filtri di sigarette, cannucce, lattine, sacchetti, assorbenti, piatti, bicchieri, coni gelato smangiucchiati e vari contenitori di plastica. La giovane Markella mostra ai bambini le «reti fantasma»: «I pescatori le gettano via o le perdono in mare, e così diventano trappole mortali per tartarughe e delfini». Poi, un sacchetto pieno di micropalline di plastica: «È il pellet, viene utilizzato per produrre la plastica e si trova in quasi tutti i mari del mondo: è molto pericoloso perché assomiglia alle uova di pesce». Gli animali marini se ne rimpinzano lo stomaco. Credono di essere sazi, invece muoiono di fame. «Succede anche alle tartarughe Caretta che spesso ingoiano pure interi sacchetti di plastica perché li scambiano per meduse, di cui sono ghiotte — ci spiega Yianna Samuel del Centro oceanografico di Nicosia —. Nelle tartarughe notiamo problemi anche con le cannucce che entrano nei loro setti nasali: inalano meno ossigeno e quindi passano più tempo in superficie, il che le rende più vulnerabili agli impatti con le barche».
«A Cipro abbiamo il più alto numero per capita di spiagge bandiere blu del mondo, ma sulla sabbia restano moltissimi rifiuti. L’altra parte dell’isola (la non riconosciuta Repubblica Turca di Cipro del Nord, ndr) ha i nostri stessi problemi e il sistema per il riciclo dei rifiuti è anche meno sviluppato. Ma cerchiamo di collaborare, oltre le divisioni, per trovare soluzioni comuni, come l’esperimento pilota «fishing for litter», che coinvolge i pescatori nella rimozione dei rifiuti dal mare», spiega la biochimica Demetra Orthodoxou dell’akti Project and research centre, ong che partecipa al progetto multinazionale Mectemi per monitorare i rifiuti marini sulle coste del Mediterraneo: «Cerchiamo anche di sensibilizzare la popolazione, i proprietari di bar e ristoranti. E lavoriamo molto con i bambini nelle scuole». La maestra Polina Kitsiou, che insegna arte e ambiente, annuisce felice mentre i suoi allievi fanno a gara per riempire i sacchi neri della spazzatura sulla spiaggia: «Devono capire che possono rendere il mondo migliore, che le loro opinioni contano e possono “contagiare” i genitori. Ad esempio, raccolgono l’olio utilizzato per cuocere a casa, noi lo vendiamo e reinvestiamo i soldi nella scuola». Quindi mostra fiera le cannucce «alternative» fatte in classe, con gli spaghettoni ziti cotti in forno.
Un ponte verso l’oriente
Il Parlamento europeo ora ha alzato ancor di più l’asticella, con una nuova direttiva che impone entro il 2021 il bando di una serie di articoli in plastica monouso, come le cannucce, ed entro il 2029 di recuperare il 90% delle bottiglie di plastica. Per Cipro la strada è lunga. Si ricicla poco più del 20 per cento dei rifiuti (contro il 44% della media europea), i sette «green spot» per la raccolta differenziata sono gestiti da privati e solo all’inizio di quest’anno, dopo innumerevoli rinvii e sotto la minaccia di una pesante multa da Bruxelles, sono state chiuse le due discariche a cielo aperto fuori Nicosia e Limassol. «Cipro è in cima a tutte le