Le bugie smontate in 48 ore poi le lacrime in carcere I pm: forse poteva salvarlo
Il legale: inizia a rendersi conto di quello che è successo
PIEDIMONTE SAN GERMANO (FROSINONE) Una notte insonne in isolamento nel carcere di Cassino, poi all’alba la richiesta al direttore di poter incontrare i magistrati per raccontare la sua verità sulla morte di Gabriel. O meglio, per modificare del tutto quello che lui stesso aveva affermato in un primo tempo: «Quando mio figlio è morto, stavo a Santa Lucia in farmacia con il fratellastro». Nicola Feroleto lo aveva assicurato ai carabinieri, aveva anche detto di aver saputo della tragica fine di Gabriel «quando sono tornato a casa di Donatella, dovevamo rivederci quel pomeriggio. Ho visto le pattuglie per strada».
Solo bugie che non hanno retto nemmeno per due giorni agli accertamenti degli investigatori dell’arma e della Procura,e che alla fine hanno spalancato al padre del piccolo le porte del carcere. «Frastornato e confuso», come lo ha descritto il suo stesso avvocato Luigi D’anna, presente al colloquio con il pm Valentina Maisto, Feroleto ha cambiato versione. «Entrato in carcere, ha cominciato a rendersi conto di quello che è successo e potrebbe aver fatto», sottolinea ancora il suo legale. Dichiarazioni spontanee accompagnate da crisi di pianto, dall’incapacità di andare avanti, tanto che alla fine è stato deciso di proseguire direttamente davanti al gip Salvatore Scalera nel corso dell’udienza di convalida del fermo in programma domani.
Incensurato, almeno per ora, Feroleto avrebbe rinnegato anche le dichiarazioni rilasciate alla stampa subito dopo la morte del figlioletto. Perché lui — secondo l’accusa — mercoledì pomeriggio avrebbe potuto davvero salvare il bimbo. La prima notte passata in carcere lo ha convinto forse a dire la verità, per ora secretata. Non si esclude una mezza ammissione di responsabilità. Oltre a Gabriel, il 48enne ha altri tre figli: due di 20 e 22 anni vivono a Formia con l’ex moglie, e il terzo, un liceale di 15 anni di Piedimonte,
abita con lui e la compagna — anch’essa interrogata due volte dai carabinieri, l’ultima proprio la notte del fermo di Feroleto — nella frazione di Villa Santa Lucia. Con Donatella Di Bona si erano invece conosciuti quattro anni fa, quando fra i lavori saltuari svolti nella zona il 48enne era in un gruppo di protezione civile. Fra loro 19 anni di differenza, una relazione proseguita con il riconoscimento del bambino e frequenti contatti con la giovane — sofferente di forti crisi d’ansia —, che accompagnava, come ha fatto proprio mercoledì, alla Asl di Cassino per fare le analisi. «Lo hanno etichettato come violento, ma non emerge da nessuna parte un atteggiamento di questo tipo con Gabriel», dice ancora l’avvocato D’anna. Ma poche ore in cella lo avrebbero spinto a svelare un orribile segreto.
L’alibi crollato Disse che al momento della morte era in farmacia in un altro paese. Ora ha ritrattato