Corriere della Sera

I giardini di Oliver Sacks

Da Oxford a New York fino all’orto di Padova, il grande scienziato li ha frequentat­i per tutta la vita E in un saggio inedito spiega che sono terapeutic­i

- Di Michele Farina

Dovunque fosse, Oliver Sacks cercava un giardino. Per sé e per i suoi pazienti. «In 40 anni di pratica clinica, ho trovato soltanto due tipi di “terapie” non farmacolog­iche che fossero certamente di vitale importanza per le persone con malattie neurologic­he croniche: la musica e i giardini». La ricerca del verde valeva anche per lui, neurologo-raccontato­re scomparso a 82 anni nel 2015: «I giardini sono essenziali per il mio benessere e per il processo creativo», scrive Sacks in un piccolo saggio pubblicato in anteprima dal New York Times, tratto dalla raccolta che uscirà martedì prossimo in America. Il titolo: «Ogni cosa al suo posto: primi amori, ultime storie». Tra gli amori di lunga data, l’autore de «L’uomo che scambiò sua moglie per un

cappello» e di tanti saggi tradotti in tutto il mondo cita la natura e in special modo gli orti botanici. I primi nel ricordo sono i Kew Gardens di Londra, con le grandi foglie dei gigli d’acqua (Victoria Regia) dove sua madre e zia Len lo mettevano a sedere da piccolo.

Una vita raccontata attraverso i giardini più amati: da quello di Oxford all’hortus Botanicus di Amsterdam ai garden di New York, la città dove Sacks ha vissuto per 50 anni, alle oasi nel deserto. Una menzione speciale è riservata all’orto Botanico dell’università di Padova, «che risale al 1545: qui gli europei posarono per la prima volta lo sguardo su piante provenient­i dalle Americhe e dall’oriente, con le forme più strane che si potessero immaginare». Il neurologo-scrittore racconta della palma che diede a Goethe lo spunto per l’intuizione

I malati e le piante «Se davi a un malato di Alzheimer un vasetto e qualche seme sapeva benissimo cosa fare»

evolutiva del «Saggio sulle metamorfos­i delle piante», pubblicato nel 1790. Quella palma di S. Pietro (alias palma nana) è la più vecchia dell’orto di Padova: fu messa a dimora nel 1585 ed è lì ancora, viva e vegeta. Quanti di noi l’hanno vista?

I giardini producono metamorfos­i benefiche nel nostro organismo: Sacks se ne convinse osservando le reazioni delle persone fragili, che sono spesso un termometro fedele della nostra umanità più profonda. «Quando lavoravo all’ospedale Beth Abraham, dall’altra parte della strada c’era il Botanical Garden. Scoprii che niente era desiderato dai lungodegen­ti più che passare qualche minuto nel verde. Ne parlavano come di due mondi diversi: l’ospedale e il giardino». Sacks ricorda un’anziana signora con il Parkinson incontrata a Guam, incapace di fare il primo passo: «Ma se la si portava in giardino, tra piante e rocce, come galvanizza­ta partiva da sola su per il pendio». Oppure i suoi pazienti con l’alzheimer, che non erano più in grado di allacciars­i le scarpe o di usare le posate. «Ma se gli mettevi davanti un vasetto e qualche seme, sapevano esattament­e cosa fare. Non ho mai visto un paziente seminare una piantina all’incontrari­o». E se anche fosse, il senso di benessere sarebbe comunque assicurato. Anche per i sani: «Il ruolo curativo della natura è cruciale per le persone che lavorano ore ed ore magari in ambienti senza finestre, in quartieri o in scuole o in case di riposo senza accesso al verde. Gli effetti non sono solo spirituali ed emotivi, ma anche fisici e neurologic­i», scriveva Sacks sul finire della vita. «Non ho dubbi che essi riflettano profondi cambiament­i nella fisiologia del cervello, e forse persino nella sua struttura». Gli studi più recenti vanno in questa direzione. E se persino gli smartphone possono influire sui circuiti neurali della nostra mente, figuriamoc­i una foglia di giglio gigante o la palma nana di Goethe.

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(Errebi) Palma di Goethe La palma di San Pietro, messa a dimora nel 1585 a Padova, fu ammirata dal poeta tedesco nel 1786
 ?? (Toniolo/errebi) ?? La nuova ala Il Giardino della biodiversi­tà di Padova, inaugurato nel 2014 con 1.300 specie di piante
(Toniolo/errebi) La nuova ala Il Giardino della biodiversi­tà di Padova, inaugurato nel 2014 con 1.300 specie di piante

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