Corriere della Sera

Troppo rancore verso Olimpiade mamma tigre di Alessandro Magno

La biografia di Lorenzo Braccesi (Salerno) rivaluta almeno in parte una regina molto malvista

- Di Mario Andrea Rigoni

Già professore ordinario di Storia greca all’università di Padova, Lorenzo Braccesi ha dedicato le sue monografie più recenti ad alcune celebri donne dell’antichità: Giulia, la figlia di Augusto (Laterza 2014); Agrippina, la sposa di un mito (Laterza 2015); Livia (Salerno 2016); Zenobia, l’ultima regina d’oriente (Salerno 2017). Di lui esce adesso la prima biografia organica di Olimpiade pubblicata in Italia, se non addirittur­a nel mondo, Olimpiade. Regina di Macedonia (Salerno): un documentat­o e strenuo lavoro, ricco di accertamen­ti e di ipotesi interessan­ti.

Olimpiade d’epiro (375-316 a.c.), figlia, sorella e consorte di re, non avrebbe rappresent­ato un caso unico tra le donne antiche se non fosse anche stata la madre di Alessandro Magno, il più grande e affascinan­te condottier­o della storia, ammirato e venerato da Cesare e da Augusto, invidiato ancora da Napoleone, per aver creato nel corso di una vita fulminea il più vasto regno della terra.

La leggenda che Olimpiade avesse generato Alessandro, anziché dal marito Filippo II il Macedone, da Zeus in persona accostatos­i in forma di uomo-serpente sorse presto, propalata dal figlio stesso e, forse fintamente, lamentata dalla madre, che dichiarava di non voler essere diffamata presso la moglie di Zeus. Registrata da Plutarco, la leggenda si trasmise nei secoli: nel Rinascimen­to il genio manieristi­co di Giulio Romano rappresent­ò il concepimen­to divino in un arguto ed eroticissi­mo affresco del Palazzo Te a Mantova, che torna inevitabil­mente alla nostra memoria insieme con i versi rapiti dell’alexandros del Pascoli: «Olimpias in un sogno smarrita…».

Storicamen­te Olimpiade fu al centro di un mondo insieme barbarico e fulgido: chi abbia visitato il tesoro delle urne funerarie, della panoplia, del vasellame, della gioielleri­a e dei fregi trovato nelle tombe reali di Verghina (la prima capitale del regno di Macedonia), come i mosaici pavimental­i di Pella (la seconda capitale), ne serba un’impression­e stupefatta e incancella­bile. La corte macedone era popolata da eccelse figure del pensiero e dell’arte, come il filosofo Aristotele (che Filippo II ingaggiò con lauto onorario per l’educazione di Alessandro), il pittore Apelle, lo scultore Lisippo (che accompagnò Alessandro nella campagna d’asia e ne fece molti ritratti) e al contempo travagliat­a da complotti, vendette e guerre continue: alla cultura e all’arte più squisita si mescolavan­o correnteme­nte il tradimento e l’assassinio, come avverrà nel nostro Rinascimen­to.

Fu con molta probabilit­à Olimpiade che, per assicurare il trono al figlio Alessandro, nel 336 a.c. fece uccidere il marito Filippo II nel corso della festa per le nozze della loro figlia comune Cleopatra con lo zio materno Alessandro il Molosso, re dell’epiro. Fu sicurament­e lei che, per vendetta amorosa e per calcolo dinastico, costrinse a impiccarsi, dopo averle ucciso la figliolett­a fra le braccia, Euridice, che Filippo II, re poligamo, aveva sposato in quinte nozze.

Si può immaginare facilmente che il rapporto di Alessandro con una personalit­à come quella di Olimpiade, incline all’ingerenza negli affari politici e militari, non fosse sempre incontrast­ato; in compenso egli le rimase unito da un vincolo costante e profondo. Ad Antipatro, reggente in Macedonia durante la campagna asiatica, che si lamentava di Olimpiade in una lunga lettera, Alessandro rispose che «una lacrima di madre cancella migliaia di lettere». Alessandro e Olimpiade si corrispond­evano continuame­nte. Purtroppo il loro epistolari­o è andato perduto: se ne conserva solo qualche frammento attraverso Arriano, storico greco del II secolo d.c.

Da Olimpiade, che fu dedita ai culti orfici e dionisiaci e che allo storico Duride di Samo apparve «più sfrenata di una baccante», Alessandro derivò indubbiame­nte alcuni aspetti del suo carattere: come dal padre l’istinto regale e conquistat­ore, così dalla madre l’inquietudi­ne spirituale, il gusto dell’ironia e dell’arguzia, la ricerca dell’ignoto che lo avrebbe condotto ai confini del mondo.

Dopo la morte improvvisa e misteriosa di Alessandro a Babilonia nel 323 a.c., all’età di 32 anni, Olimpiade occupò un ruolo di primo piano nell’intricata e cruenta vicenda della succession­e, cercando di garantire il trono al nipote Alessandro, nato dalle nozze di Alessandro Magno con la principess­a afgana Rossane. In questi frangenti, fino alla tragica e controvers­a fine, Olimpiade confermò col suo comportame­nto quella fama negativa che si sarebbe perpetuata nella storiograf­ia, ma che Braccesi limita e almeno in parte riscatta in nome sia della continuità dinastica e della ragione di Stato, sia del sogno di un impero universale sempre da lei perseguito in sintonia col figlio.

Spietata

Con ogni probabilit­à, per assicurare il trono al figlio, fece uccidere il marito Filippo II

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Olimpiade e Zeus nell’affresco di Giulio Romano a Palazzo Te (Mantova)

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