Corriere della Sera

Padre e figlio alla ricerca di Atlantide

Il viaggio di Renzo e Carlo Piano

- Di Stefano Bucci

C’è qualcosa di Moby Dick, il romanzo di Herman Melville, nel raccontoco­nfessione firmato a quattro mani da Renzo Piano (1937), l’architetto superstar (suo malgrado) dell’auditorium Parco della Musica di Roma (1994-2002), del nuovo Tribunal de Paris (2018), insieme al figlio Carlo, giornalist­a (1965). Perché, dice il progettist­a premiato con il Pritzker nel 1998, Atlantide. Viaggio alla ricerca della bellezza (Feltrinell­i, pagine 300, 19) «è prima di tutto un racconto di mare, l’epopea di una nave che lentamente fa il giro del mondo cercando qualcosa di bello e impossibil­e».

Non si tratta, stavolta, della balena bianca di Melville, ma di quella «bellezza perfetta» che per Piano nasconde «un gesto di pace». Tutto parte da Punta Nave, immortalat­a da Shunji Ishida (uno degli architetti-partner del Renzo Piano Building Workshop) nell’immagine di copertina, in quello studio sulla costa a occidente di Genova, tra Voltri e Vesima, sospeso tra la montagna e il mare «un po’ come siamo noi liguri». Ishida, racconta Carlo nel libro, «ogni giorno alla stessa ora e nella medesima posizione fotografa il Mediterran­eo davanti allo studio, migliaia di scatti identici, nessuno uguale all’altro». E conclude: «Deve essere colpa di quest’acqua che circonda Punta Nave se in mio padre è divampato il folle desiderio di Atlantide. D’altra parte, cosa può sognare un architetto se Dall’alto: Renzo non una città perfetta?». e Carlo Piano Un sogno che Renzo e Carlo

Piano hanno inseguito lungo le rive del Tamigi come della Senna come in quelle che lambiscono il Golden Gate Park di San Francisco, solo alcune delle tappe di questo giro del mondo «in 240 giorni». Imbarcati su «una nave lunga, bianca e stretta, un po’ demodé con quel suo fumaiolo spostato verso prua», una nave oceanograf­ica (e non un motoscafo) che va a 6-7 nodi massimo, «una nave che sa di scoperta, di scienza e di avventura». Rivivendo l’essenza (più segreta) dei progetti firmati dall’architetto: il progetto per l’aeroporto di Osaka, il nuovo Whitney Museum di New York, la Fondazione Niarchos di Atene. Riportando alla memoria (in un navigare che è «lentezza e silenzio») gli uomini (con le loro storie e i loro pensieri) che sono stati e sono ancora vicini a padre e figlio: il nostromo Giobatta, Claudio Abbado, Gino Strada, Umberto Eco.

A guidarli, da Genova a Itaca (la tappa finale), è un desiderio in qualche modo mitico e ancestrale. Che impedisce all’architetto (nel libro, le sue parole sono in azzurro, quelle del figlio in nero) di pensare al negativo: «Atlantide non l’ho trovata ancora, ma la ricerca continua». Anche per quello che riguarda l’italia: «Non bisogna esagerare con il pessimismo, molti progetti si realizzano anche in questo Paese. I cantieri sono luoghi di speranza, di pace». Un impegno che nel caso di Renzo (senatore a vita dal 2013) si traduce in un progetto per «rammendare» le città che quest’anno ha coinvolto Milano, Padova, Roma e Siracusa con le università, diversi docenti e dodici giovani borsisti: «Alla mia età — dice Piano — cerco di trasferire loro la mia ansia etica. I politici ateniesi quando prendevano in consegna una città assicurava­no di renderla più bella di quando gli era stata affidata, una città bella in senso greco, cioè anche buona e giusta». Inseguendo l’idea di progetto come impegno di speranza e pace, Renzo e Carlo hanno così navigato («Mio padre in barca? Un ottimo comandante molto esigente») cercando la città perfetta per una società perfetta, quella Atlantide che è il sogno di ogni architetto, ma non solo.

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