Corriere della Sera

Il destino del bimbo juventino e la lezione da imparare

- Di Daniele Dallera

Il destino di un ragazzino delle elementari, tenendo la fascia che va dai 6 ai 12 anni: quel bambino, se pensa al pallone, conosce solo due colori, il bianco e il nero, di una grande squadra, la Juve, che vince, domina, fa festa, i suoi giocatori si abbraccian­o, esultano, si divertono, sempre loro, da 8 anni a questa parte sui campi di tutta Italia. «Mamma, papà, nonni, mi regalate la maglia della Juve...», viene facile esprimere quel desiderio se vuoi essere un piccolo tifoso felice. Hai voglia a pensare di essere o diventare fan del Napoli, milanista, interista, romanista, anche qui i colori sono belli, intensi, ci sono giocatori anche forti, campioni strapagati con i tatuaggi magari giusti, ma quelli non vincono mai, ingoiano rospi e c’è anche qualcuno che se, gli tolgono la fascia di capitano, prenota il fisioterap­ista e si corica sul suo lettino per una quarantina di giorni dimentican­dosi il suo mestiere, quello di fare gol. Alla Juve non sarebbe mai

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