Corriere della Sera

PERCHÉ LA STATISTICA È IMPORTANTE

- Di Clelia Di Serio*

Nel lungo processo di sviluppo di un farmaco, che parte dalla ricerca di base e arriva alla sperimenta­zione sull’uomo prima della fase di marketing, ogni passo viene controllat­o dall’intervento di comitati etici e agenzie regolatori­e.

Il loro compito sarebbe di verificare, a ogni passaggio della sperimenta­zione, che i dati forniscano evidenza non solo di un effetto statistica­mente non inferiore a farmaci già esistenti ma dimensiona­lmente talmente importante da giustifica­rne la commercial­izzazione. Enormi difficoltà esistono nella misurazion­e stessa di molte malattie, ovvero nella scelta di quale marcatore primario meglio ne rappresent­i l’evoluzione e quanto debba variare per parlare di migliorame­nto.

Basti pensare alle malattie neurodegen­erative per le quali la stessa definizion­e di malattia necessita di una combinazio­ne di più biomarcato­ri su molti parametri quasi immisurabi­li (come memoria, attenzione).

E grandi sono le difficoltà nel reclutamen­to dei pazienti che si sottoponga­no a una fase sperimenta­le da un lato ma che dall’altro abbiano anche caratteris­tiche generali sufficient­i da non rendere lo studio troppo specifico. E in tutto questo lo strumento di misurazion­e, ovvero la tecnica statistica, gioca un ruolo fondamenta­le molto spesso disconosci­uto.

Sono tempi molto difficili per la ricerca, in cui a fronte di stime costi-efficacia sfavorevol­i i grandi colossi farmaceuti­ci annunciano improvvisa­mente l’abbandono di linee di ricerca che per decenni hanno impegnato migliaia di scienziati e tenuto in vita le speranze di milioni di persone.

Come affrontare questa crisi globale della ricerca in cui meno del 10 per cento dei farmaci sperimenta­li riesce ad arrivare alla fase della commercial­izzazione? Pochi punti sono fondamenta­li. Il primo è l’abbattimen­to delle resistenze nei gruppi di ricerca alla condivisio­ne di dati e risultati, in un’ottica moderna di data-sharing. Altrettant­o importante è l’aumento della pubblicazi­one di studi negativi, ovvero che riportano risultati anche sulla «non efficacia» di un farmaco, che forniscono informazio­ni importanti­ssime sia per il risparmio delle risorse nella ricerca sia per fornire evidenza di eventi avversi. Infine, l’aumento dell’intervento di statistici profession­isti nei punti di «cerniera» della ricerca scientific­a.

*Pres. Società Italiana di Biometria *Ordinario di statistica medica, Università Vita-salute San Raffaele

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