Il retinoblastoma si riconosce in un lampo
Un bagliore bianco nella pupilla dell’occhio malato che si vede di solito nelle fotografie può essere il segno precoce di una malattia da affrontare subito
Gaia è stata operata d’urgenza a 13 mesi per un tumore raro maligno della retina, il retinoblastoma, che ogni anno colpisce un bambino ogni 15-20mila nati. L’intervento le ha salvato la vita ma ha perso l’occhio sinistro.
Racconta Daria, la mamma: «La piccola non manifestava sintomi evidenti, però avevo notato una piccola macchia chiara nell’occhio, quando la mettevo sul fasciatoio. L’abbiamo portata dall’oculista che le ha fatto l’esame del fondo oculare e ci ha indirizzato subito al centro specializzato in retinoblastoma del policlinico di Siena, dove i medici hanno svolto ulteriori indagini. Purtroppo non è stato possibile salvarle l’occhio: alla bambina hanno dovuto asportare il bulbo oculare. Per fortuna non c’erano metastasi e non è stato necessario fare la chemioterapia. Dopo un paio di mesi le è stata impiantata la protesi».
Oggi Gaia ha dieci anni, continua a fare controlli periodici e desidera vivere con spensieratezza la sua vita, come tutti i bambini della sua età. «Vedo con un occhio solo ma non mi pesa, forse perché è sempre stato così fin da quando ero piccola — racconta con una proprietà di linguaggio e un piglio da adulta —. Vivo bene lo stesso, vado a scuola, mi piace fare ginnastica artistica e hip hop. La protesi non mi crea problemi, ho solo la palpebra un po’ abbassata, ma i medici dicono che si può correggere con un piccolo intervento tra qualche anno». La bambina affronta serenamente anche la curiosità dei compagni: «quando mi chiedono “Se chiudi l’occhio, mi vedi?”, rispondo: “Te lo ripeto da anni, sono stata operata e ho la protesi”».
«Pur essendo raro, il retinoblastoma è il tumore più frequente nell’infanzia — spiega Mario Angi, presidente di Cbm Italia onlus, che fa parte di Cbm International (Christian blind mission), organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella prevenzione e cura della cecità di persone che vivono nei Paesi poveri —. Poiché è un tumore aggressivo, bisogna agire in modo tempestivo: se non si riconosce subito, infatti, dall’occhio può diffondersi rapidamente al cervello o al midollo osseo, e diventare fatale. In genere, la diagnosi avviene entro i primi due anni».
Quali sono i campanelli d’allarme? «Il sintomo più comune è la leucocoria, ovvero un bagliore bianco nella pupilla dell’occhio colpito, dovuto alla massa tumorale — chiarisce l’oculista —. In otto casi su dieci sono i genitori ad accorgersene, notando il riflesso nelle foto. Se viene diagnosticato precocemente, il retinoblastoma può essere curato: esistono diversi trattamenti a seconda dello stadio della malattia. Purtroppo nelle forme più avanzate è necessario rimuovere chirurgicamente il bulbo oculare».
È ciò che è accaduto a Gaia. «In questi anni — dice la mamma — tante volte ho pensato che se il fondo oculare le fosse stato fatto prima, invece che a 13 mesi, probabilmente mia figlia non avrebbe perso l’occhio. I controlli oculistici nei primi mesi di vita potrebbero salvare la vista ai bambini, e anche la vita come nel caso del retinoblastoma: basterebbe una semplice goccia negli occhi per scoprire questo tumore raro il più presto possibile e iniziare subito le cure».
Oggi nei Paesi ad alto reddito il 90 per cento dei bambini colpiti da retinoblastoma sopravvive; nel Sud del mondo, invece, sette su dieci muoiono. «A causa della povertà e dell’isolamento — sottolinea il presidente di Cbm Italia — i bambini malati non ricevono una diagnosi in tempo e arrivano in ospedale quando ormai il tumore è diventato incurabile». In questi Paesi fermare il decorso della malattia prima che sia troppo tardi è una corsa contro il tempo. Occorre raggiungere i bambini nei villaggi per fare diagnosi tempestive, accompagnarli in ospedale e assicurare a ognuno di loro le cure
necessarie, dalla chemioterapia alle operazioni chirurgiche, dalla riabilitazione con protesi oculari ai controlli di breve e lungo termine. Poiché il trattamento del tumore può essere lungo, le famiglie che non possono permetterselo spesso lo abbandonano.
In Uganda, dove il 72 per cento della popolazione vive nelle zone rurali più povere e isolate senza ospedali, Cbm Italia sostiene l’unico programma nazionale di prevenzione e cura del retinoblastoma, avviato tredici anni fa presso il Ruharo Eye Centre, un ospedale che si trova nella zona sud occidentale. Qui i piccoli malati arrivano da tutto il Paese e anche dal Sudan meridionale e dal Rwanda. Dal 2006 al 2013 sono stati trattati 270 bambini colpiti da retinoblastoma: la mortalità si è ridotta del 37 per cento ed è aumentata, dal 15 al 77 per cento, la percentuale dei piccoli che hanno conservato la vista dopo la terapia. Quest’anno il programma permetterà di curare 120 bambini presso l’ospedale oculistico, 40 dei quali con il supporto di Cbm Italia, mentre altri 50 piccoli continueranno ad essere assistiti nella regione occidentale del Paese. L’organizzazione umanitaria ha lanciato per la prima volta una campagna di raccolta fondi per il progetto di prevenzione
Il racconto
«Ho notato una piccola macchia chiara nell’occhio quando l’ho messa sul fasciatoio»
e cura del retinoblastoma: servirà ad allestire cliniche mobili per raggiungere i bambini malati, a sostenere i costi della chemioterapia e degli interventi chirurgici negli ospedali africani. «Oltre a curare i piccoli — spiega Angi — il nostro obiettivo è fornire anche un sostegno ai medici locali creando una rete di specialisti, fatta di pediatri, oculisti, patologi clinici, oncologi, chirurghi».