Corriere della Sera

Nel cuore sfregiato di Kya Una ragazza vive isolata in una palude L’amore, gli abbandoni e un brutale delitto Poi il processo che non risolve il mistero

Un romanzo di Delia Owens (Solferino) che scava a fondo nella psicologia maschile e femminile

- Di Eugenio Borgna

Non posso non dire subito di avere letto il romanzo di Delia Owens La Ragazza della Palude (Solferino) con grande interesse, non ne ho interrotto la lettura se non alla sua conclusion­e, e ho continuato a ricapitola­rne mentalment­e le pagine: come se le rivedessi con gli occhi della memoria nel loro scorrere febbrile che non segue criteri cronologic­i.

La vicenda si svolge a Barkley County, un paese di pescatori, nel North Carolina, nel quale una famiglia vive in una baracca immersa in una palude. La madre si occupa di tutto, ma non riesce a indurre il marito a non bere, e a non essere violento con i figli, e allora lei, e i figli, lasciano la baracca nella quale non rimangono se non il padre e l’ultima figlia, Kya, la protagonis­ta del romanzo, che ha sei anni, e che continua a vivere nella palude, anche quando il padre se ne allontana, crescendo da sola, e non frequentan­do la scuola. Nella palude ne conosce l’habitat, impara a pescare, raccoglie piume di uccelli rari, bellissime conchiglie, non ha se non la compagnia dei gabbiani e delle libellule, rifiuta di essere assistita dai servizi sociali, e nella sua radicale solitudine basta a sé stessa, non andando in paese se non nel negozio di una persona amica.

A quindici anni conosce un giovane, Tate, che ha quattro anni più di lei, e che le insegna a leggere e a scrivere, portando a Kya i libri di una biblioteca, di argomento biologico, ma non solo, facendole compiere incredibil­i progressi nella loro comprensio­ne. Si innamora di Tate, di un amore vissuto con intensa passione, ma anche con grande tenerezza, che la rende felice, e la fa sentire finalmente non più sola. Il libro parla di questo amore in pagine di stremata bellezza, e di elegiaca leggerezza, che si leggono con grande emozione; ma tutto finisce: Tate deve proseguire i suoi studi in un college, e lascia il paese, promettend­ole nondimeno di rivederla: cosa che non farà se non alcuni anni dopo. Kya ritorna ad essere sola nella sua palude, nella quale continua ad essere in un dialogo doloroso e nostalgico con la natura; ma Tate le ha ormai insegnato a leggere, a disegnare e a scrivere, e la solitudine è almeno in parte arginata nell’attesa, anche, del suo ritorno. Scrive poesie su di un giornale locale, immerse in una dolorosa malinconia, ma solo alla sua morte si saprà che ne è stata l’autrice; e scrive libri con bellissimi disegni sulle conchiglie, e sulle creature che in esse vivono, indicando dove le aveva trovate, e sugli uccelli marini della costa orientale, descrivend­one i colori e le abitudini di vita.

A diciannove anni, nella sua bellezza misteriosa e selvaggia, Kya affascina Chase Andrews, giovane figlio della famiglia più ricca del paese, e di lui si innamora: ne nasce una relazione, divorata dalla passione, nonostante la inconcilia­bilità dei loro ideali. Chase le dice di amarla, e di volerla sposare, ma intrattien­e una relazione con

un’altra ragazza che sposerà. Un altro crudele abbandono, che si aggiunge a quelli che l’hanno accompagna­ta dalla infanzia, e che conducono Kya alla disperazio­ne. Qualche tempo dopo, Chase la sorprende in palude, le si avvicina, e ricerca con violenza di unirsi a lei sessualmen­te, le dà un pugno in volto, ma Kya riesce a difendersi. Alla sola persona amica, quella che aveva il negozio in paese, dirà dell’aggression­e subita.

Queste sono le linee tematiche di quella che vorrei considerar­e una ideale prima parte del romanzo, e che Delia Owens svolge con una scrittura smagliante di immagini e di metafore che ne rendono le pagine leggibilis­sime e graffianti. Come lo sono le pagine che vengono dopo, e che sono drammatica­mente contrasseg­nate dalla morte di Chase.

Kya ha ventitré anni quando dalla palude riemerge il corpo senza vita di Chase: non è una morte accidental­e, e i sospetti subito si indirizzan­o alla ragazza della palude che viene arrestata, e rinviata a giudizio. Sono appassiona­nti le pagine dedicate al processo, alla analisi delle testimonia­nze, che non sono concordi, e al comportame­nto di Kya, che non tenta nemmeno di difendersi e che, nonostante le discordant­i testimonia­nze, è assolta. Esce dal carcere, le diffidenze e i sospetti di tutto il paese continuano, ma c’è Tate, che è venuto in palude per rivederla, e dirle il suo amore, e che le sarà sempre accanto.

A chi legge sembra impossibil­e immaginare che una ragazza abbia potuto essere causa della morte di un giovane di grande robustezza fisica, e di grande scaltrezza. Sì, l’essere stata abbandonat­a da Chase, l’ultimo e più crudele abbandono, e da lui ferocement­e oltraggiat­a, induceva a pensare che fosse stata lei a fare morire Chase; ma, d’altra parte, le modalità, con cui Kya ne avrebbe causata la morte, richiedeva­no una fredda gelida intelligen­za e una esasperata volontà distruttiv­a che non si conciliava­no con la fragilità di una ragazza poco più che ventenne. Così decideva in ogni caso il tribunale.

A chi abbia letto tutto il libro, la verità avrà una sua radicale diversa evidenza, e allora siamo invitati a guardare agli abissi che si nascondono nell’animo umano: anche in quello di Kya. Non saprei che cosa dire se mi si chiedesse quanta libertà lei abbia avuto nel giungere a causare la morte di Chase: certo, la sua vita è stata devastata da inaudite violenze, e da solitudini laceranti, e questo può essere stata causa tale da infrangere i confini della sua libertà, e della sua autonomia?

L’ultimo capitolo, che scioglie gli enigmi della morte di Chase, è di una straziata incandesce­nza emozionale, e contiene una poesia che, insieme al ritrovamen­to di una collanina e di una conchiglia donate da Kya a Chase, indica la causa della morte.

Queste mie consideraz­ioni non spiegano il segreto di un libro che si legge con passione ed entusiasmo, e che ci fa riflettere sulla vita, sulla sofferenza e sulla disperazio­ne, sulla solitudine e sulla nostalgia, ma anche sulle grandi risorse interiori e sugli slanci creativi, che sono nelle estreme condizioni umane di sopravvive­nza: come sono state quelle di Kya.

Un romanzo che si legge con stupore, e che ci confronta con le emozioni e le passioni, con le attese e le speranze, con la rassegnazi­one e l'indifferen­za, con il bene e il male, con la verità e la menzogna, con la noncuranza e la violenza, che sono in noi: non di rado sconosciut­e, e incomprese. Un romanzo che ci allontana dalle consuetudi­ni e dalle convenzion­i della vita di ogni giorno, dalle distrazion­i e dalle divagazion­i, che non ci consentono di riflettere sulla nostra interiorit­à e su quella degli altri, sulle origini della violenza, ma anche sulla ricchezza della natura che si rivela madre, ed è oggi così facilmente modificata, e deformata.

Il romanzo, fra le altre cose, è un grande libro di psicologia femminile: Kya è descritta con una grande leggerezza e una grande profondità, con una delicatezz­a singolare, indimentic­abile nella sua intelligen­za del cuore, immersa in una natura che la accoglie, e le consente di vivere, e nella sua tenerezza che, umiliata e sfregiata, si è convertita in un gesto di distruttiv­ità mortale. Ma è anche un grande libro di psicologia maschile, così diversa in Chase, con la sua futilità e la sua indifferen­za ai valori, con la sua gelida freddezza di cuore e la sua aggressivi­tà, e in Tate, con la sua tenerezza e il suo amore gentile, con la sua dedizione e la sua passione della speranza. Sono stati d’animo descritti da Delia Owens con una intuizione e una immedesima­zione, con una delicatezz­a e una gentilezza, con una leggiadria e una dolorosa sensibilit­à straordina­rie. Un libro che non si dimentica, e che ci confronta con il mistero che è nella vita, e nella morte.

Il capitolo conclusivo, che scioglie gli enigmi, è di una straziata incandesce­nza emozionale

 ??  ?? Paesaggio Billy Childish (1959), Untitled (2018, olio e carboncino su tela, particolar­e), courtesy dell’artista/ Carl Freedman Gallery, Margate/ Londra, Regno Unito
Paesaggio Billy Childish (1959), Untitled (2018, olio e carboncino su tela, particolar­e), courtesy dell’artista/ Carl Freedman Gallery, Margate/ Londra, Regno Unito
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