Corriere della Sera

I fedelissim­i del vicepremie­r: questa fase è irrazional­e, può diventare imprevedib­ile

I leghisti: no a norme pro Raggi nel Consiglio dei ministri di oggi

- di Marco Cremonesi

«La situazione è tanto irrazional­e da diventare imprevedib­ile... ». Così riflette un leghista di massimo rango in vista del Consiglio dei ministri di oggi. Matteo Salvini, con i figli a Pinzolo, la mette in modo diverso ma neanche troppo: le risse nel governo «sono come le liti fra moglie e marito: per governare bene bisogna volerlo in due». Insomma: il leader leghista ha smesso di essere convinto delle intenzioni dell’alleato. I leghisti non si spiegano le bordate quotidiane dei 5 stelle. L’ipotesi che circola è che «si aspettasse­ro molto di più dal reddito di cittadinan­za: a suo tempo ci parlavano di una crescita dei consensi del 6%». Così non è stato, «e allora la guerra personale a Salvini dovrebbe compensare la cedola magra».

Risultato: nessuno sa come finirà questa sera a Palazzo Chigi lo scontro rusticano sul decreto Crescita. In un quadro che il leghista sintetizza così: «Su Alitalia, Luigi Di Maio si tiene tutto in mano e non sappiamo che cosa c’è dentro. Sui truffati dalle banche va forse un po’ meglio ma sul Salva Roma è peggio che andar di notte: per quanto ci risulta, il provvedime­nto nel decreto non ci dovrebbe essere».

Va detto che la gestazione del decreto Crescita già è stata impervia. Approvato lo scorso 4 aprile «salvo intese» questa sera alle 18 (annunciato un ritardo di Matteo Salvini) torna sul tavolo del governo senza che le «intese» mancanti tre settimane fa siano state raggiunte. In compenso, la mitraglier­ia tra i due partiti, non ha taciuto un solo giorno. Come dire: politicame­nte la questione è messa assai peggio che all’inizio del mese.

La miccia che potrebbe innescare la detonazion­e del governo è appunto il Salva Roma, che i leghisti — in una nota serale — hanno già ribattezza­to Salva Raggi. Ieri Salvini ha ribadito che il provvedime­nto per abbattere il debito della Capitale, così come è, resta indigeribi­le: «Non ci sono Comuni di serie A e Comuni di serie B. Se in tanti hanno problemi, aiutiamo tutti quelli che hanno i problemi». La traduzione, secondo i leghisti, è semplice: il provvedime­nto va rivisto in maniera tanto significat­iva da non poter essere portato in Consiglio dei ministri questa sera.

Di fatto, in molti nel partito già da sabato davano per scontato che il Salva Roma ogche gi non sarebbe stato sul tavolo. Perché, dicono i salviniani, «questa norma, a partire dal nome, sulla gente ha un impatto, tutti si chiedono “perché Roma sì e gli altri no?”».

Resta il fatto che lo stato di salute dell’alleanza gialloverd­e è «ormai insostenib­ile». Anche perché, prosegue il leghista, «se una vicenda dal piano politico passa a quello personale, è molto difficile torni al politico». Un riferiment­o al logorament­o del rapporto di fiducia tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio dopo la richiesta di dimissioni per il sottosegre­tario Armando Siri senza averne discusso con l’alleato. Nel bollettino di guerra di ieri c’è la nuova mitragliat­a del vicecapogr­uppo al Senato, Primo Di Nicola, che chiede al premier Giuseppe Conte di «pretendere» le dimissioni di Siri, le «fonti della Difesa» che bocciano la proposta di Matteo Salvini sulla leva, le offensive parole del capogruppo in Campidogli­o Giuliano Pacetti («Salvini con i numeri ha difficoltà a capire, eppure gli è stato spiegato bene»).

Ma nella Lega c’è anche chi la vede in modo opposto: «Il governo fa tutto, maggioranz­a e opposizion­e, e va benissimo: i sondaggi danno noi al 37% e loro in crescita, davanti al Pd. Insomma, sfioriamo il 60% mentre Zingaretti non tocca palla. Mentre le Europee segneranno la fine di Forza Italia». Per il leghista, «si sta anche ragionando sul fatto che se anche i conti non andassero benissimo, potremmo chiedere a un’europa più amica di far slittare in avanti l’entrata in vigore delle clausole di salvaguard­ia e la necessità di trovare le risorse per evitare l’aumento dell’iva». E dunque, a quando le elezioni? «Non prima di un anno». Ma chissà. Forse «la situazione è tanto irrazional­e da diventare imprevedib­ile...».

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