Corriere della Sera

Di Maio pressa Conte contro l’alleato Via Siri e un vertice sui rimpatri

Il premier intende chiedere le dimissioni. Il capo M5S: Salvini non fa le espulsioni

- di Alessandro Trocino

ROMA La tregua pasquale vacilla già a Pasquetta. Troppi i fronti aperti e ancora non chiariti, con il Consiglio dei ministri che incombe (si tiene oggi). La questione clandestin­i, i fondi a Roma capitale, il caso Raggi, ma anche la questione giudiziari­a che ha investito il sottosegre­tario Armando Siri. E se il Movimento ha chiesto un passo indietro, anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che lo incontrerà in settimana, è intenziona­to a chiederne le dimissioni dal governo, in attesa di chiariment­i.

Luigi Di Maio viene descritto dai suoi come molto irritato sulla questione migranti, a partire dall’episodio di cronaca di Torino: «Ma come si fa a dire tolleranza zero verso il senegalese che ha aggredito i poliziotti, se aveva due avvisi di espulsione mai attuati e stava ancora in Italia? Chi avrebbe dovuto espellerlo quest’anno? Non certo io». L’allusione naturalmen­te è al ministro dell’interno, Matteo Salvini. Il problema reale, per il vicepremie­r dei 5 Stelle, sono i quasi 600 mila migranti irregolari che ci sono in Italia: «È giusto chiudere i porti — dice ai suoi — ed essere rigidi sugli arrivi, ma non bisogna prendere in giro gli italiani. Fanno solo propaganda: lo hanno fatto sulla via della Seta, parlando di cinesi colonizzat­ori, lo hanno fatto con i campi rom, aperti a Roma proprio dalla Lega, e ora lo fanno sugli immigrati». Per questo Di Maio è intenziona­to a chiedere un vertice sui rimpatri al premier Conte.

Ma Di Maio è pronto all’affondo anche su Siri e sui fondi alla Lega. Si ipotizza persino un post sui social con «cinque domande a Salvini». Sull’inchiesta che ha coinvolto il sottosegre­tario della Lega non è disposto a minimizzar­e: «C’è di mezzo la mafia, su questo bisogna chiarire. E bisogna dare un segnale al Paese. E comunque sulla giustizia non è accettabil­e che Salvini se la svigni come Berlusconi e dica che i giudici ce l’hanno con lui». I 5 Stelle chiedono che Siri spieghi, come previsto dal contratto, e invece, fanno notare, si sono trovati di fronte a mille versioni diverse del sottosegre­tario. Non chiariti risultano anche i rapporti con l’imprendito­re dell’eolico Paolo Arata e con il socio occulto mafioso Vito Nicastri. A questo si aggiunge la vicenda per la quale rischia il rinvio a giudizio il tesoriere della Lega Giulio Centemero: Luca Parnasi ha ammesso di aver versato 250mila euro nel 2015 alla fondazione gestita da Centemero che «servivano a finanziare la Lega». E che sarebbero finiti al quotidiano La Padania. Altra questione sulla quale il Movimento vuole chiedere chiarezza. Assicurand­o che, nel caso arrivasser­o richieste di intercetta­zioni di parlamenta­ri o esponenti del governo alle Camere, i 5 Stelle non si opporrebbe­ro.

Quanto ai fondi per Roma Capitale, l’accordo sembrava trovato, ma è ripartita una guerriglia, che sembra più di comunicazi­one e di bandiera che altro, ma che potrebbe degenerare. Tanto che i 5 Stelle mettono le mani avanti: «Quello di Salvini è un ricatto, ma se dovessero votare contro, al consiglio dei ministri di oggi, sarebbe sicurament­e crisi di governo. E Salvini non se lo può permettere. Anche perché tornerebbe a essere un partito padano e non più nazionale e si prenderebb­e la responsabi­lità del crollo». E anche perché, nel frattempo, si fa sempre più forte la voce di Giorgia Meloni, favorevole ai fondi e ai superpoter­i per la Capitale. Consideran­do che potrebbe essere lei una candidata al Campidogli­o, d’intesa con la Lega, in un prossimo futuro Salvini difficilme­nte porterebbe fino in fondo una battaglia divisiva su questo.

Lo scenario

I 5 Stelle: su Roma non può permetters­i la crisi La Lega tornerebbe un partito padano

L’attacco sul web

Per le inchieste l’ipotesi di un post sui social con le «5 domande» al vicepremie­r leghista

In sostanza, i 5 Stelle restano vigili sui dossier che interessan­o la loro azione di governo e non intendono concedere troppo all’alleato. Anche in questa logica si spiega la mancata reazione all’annuncio di Luca Morisi che, postando una foto di Salvini con mitra, spiegava: «Siamo armati». «Non siamo intervenut­i — spiegano dai piani alti del Movimento — perché è una chiara arma di distrazion­e di massa. Si vuole solo cambiare argomento. Escludendo la stupidità, postare una foto con le armi proprio durante la Pasqua e durante le stragi in Sri Lanka, è solo un tentativo in malafede di spostare l’attenzione su altro».

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Il leader del M5S Luigi Di Maio, 32 anni, con la fidanzata Virginia Saba, 36, durante un’immersione e al Nuraghe Arrubiu
La «cronaca» social delle vacanze in Sardegna Il leader del M5S Luigi Di Maio, 32 anni, con la fidanzata Virginia Saba, 36, durante un’immersione e al Nuraghe Arrubiu

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