Corriere della Sera

I RIMBORSI SULLE BANCHE E I DEBITI DELLA CAPITALE

- di Mario Sensini

I12 miliardi di debiti del Comune di Roma, da girare in parte allo Stato, i rimborsi ai risparmiat­ori coinvolti nella crisi delle banche, poco convinti dalla soluzione alle porte. Il cosiddetto decreto Crescita, approvato salvo intese il 4 aprile scorso, torna oggi in Consiglio dei ministri per l’atteso via libera definitivo, ma alla vigilia della riunione, e dopo settimane di aggiustame­nti e limature, restano da sciogliere due grandi nodi, e ancora molte tensioni tra la Lega, il Movimento 5 Stelle e il ministero dell’economia.

Sui debiti di Roma, al centro di polemiche da giorni, ieri è intervenut­o a gamba tesa il leader della Lega, Matteo Salvini, contestand­o duramente la norma proposta dal sindaco Virginia Raggi. Sarebbe stata messa a punto dai tecnici capitolini insieme a quelli del ministero dell’economia, e punta a trasferire allo Stato buona parte dei 12 miliardi di debiti della capitale oggi gestiti da un Commissari­o.

Dal 2010, quando a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi, e al Campidogli­o Gianni Alemanno, il governo decise di alleggerir­e i bilanci di Roma Capitale affidando a un Commissari­o la gestione del debito accumulato (9 miliardi con banche e mercati, altri 3 commercial­i). Doveva essere smaltito con un piano di rimborso pluriennal­e, che arriva al 2048, a rate da 500 milioni di euro l’anno: 300 dallo Stato, 200 dal

Comune (o meglio, dai cittadini romani, che hanno l’addizional­e Irpef più alta d’italia, e dai turisti, che pagano 1 euro su ogni biglietto aereo).

Il problema è che il Commissari­o, presto, non riuscirà più con le sue entrate a rimborsare il debito e le anticipazi­oni ricevute dallo Stato. Nel 2021 avrebbe uno sbilancio di 80 milioni, che man mano si allarghere­bbe. Prospettan­do il paradosso del fallimento del commissari­o, quello che doveva evitare il tracollo del Comune di Roma. La proposta dei 5S capitolini prevede il passaggio del debito direttamen­te allo Stato. In particolar­e quello finanziari­o, su cui pesano enormement­e i Boc (una sorta di Btp municipali) emessi nel 2004 per un importo di 1,4 miliardi, che ne costano 2,2 di interessi. Lo gestirebbe il ministero dell’economia, magari rinegozian­do i prestiti con le banche (a cominciare dalla I numeri del Def di aprile Cassa Depositi e Prestiti), come voleva fare Virginia Raggi 2019 2020 in campagna elettorale, e in compenso ridurrebbe il suo Pil attuale contributo di 300 milioni annui. +0,1%

Per il Movimento è un’operazione che non costerebbe nulla alla collettivi­tà. Anzi, come disse il vice ministro dell’economia, Laura Castelli, presentand­o il 4 aprile scorso la proposta in Comune, «non un euro di più di quanto sono costati ai cittadini italiani finora i vecchi debiti di Roma». A conti fatti, fin qui, sono 2,7 miliardi, cioè il contributo dello Stato al ripianamen­to del debito romano, dal 2010 a oggi. Secondo i 5S potrebbe essere addirittur­a una norma vantaggios­a per i contribuen­ti, se il ministero riuscisse ridiscuter­e le scadenze dei prestiti con le banche si potrebbero risparmiar­e 2,5 miliardi di euro. La Lega vede la norma come fumo negli occhi e lo scontro, già durissimo in Campidogli­o, è proseguito anche ieri. La Castelli tenta la mediazione, annunciand­o che nel decreto ci saranno norme per tutti i comuni, non solo Roma. Secondo indiscrezi­oni si starebbe pensando di superare l’attuale regime del «dissesto» e del «predissest­o» delle amministra­zioni in difficoltà, passando ad una valutazion­e caso per caso delle crisi, sicurament­e più discrezion­ale di quanto oggi non sia possibile con la Corte dei Conti in mezzo.

Altro nodo da risolvere è quello dei rimborsi ai risparmiat­ori coinvolti nei crack bancari, che dovrebbe entrare nel decreto. Resta il doppio binario voluto dal ministro dell’economia, Giovanni Tria, per evitare censure della Ue, con un rimborso automatico per chi ha redditi bassi (35 mila di reddito Irpef o un patrimonio mobiliare inferiore a 100 mila euro) e un arbitrato per gli altri.

I collegi arbitrali procedereb­bero prima a identifica­re le operazioni scorrette delle banche, «tipizzando­le» per accelerare i tempi della discussion­e delle singole cause e dei ristori. Ma non si arriverà ai rimborsi automatici per tutti come chiedevano la Lega e i 5S. Alcune associazio­ni dei risparmiat­ori, poi, temono di essere tagliati fuori per aver acquistato le azioni in tempi più recenti, e che il sistema penalizzi quelli scottati dalla crisi delle popolari venete. Anche per questo la Lega continua a fare pressing sul Mef.

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