Corriere della Sera

«Non ci muoviamo di un millimetro» Il sottosegre­tario (con il leader) resiste

L’attacco degli alleati. E lui: ci sarà tempo per chiarire. Salvini: non mi risultano soldi ricevuti

- di Monica Guerzoni

ROMA Per quanto «allibito», provato e stressato dall’inchiesta per corruzione che lo ha travolto, il senatore leghista Armando Siri non si muove dalla sua poltrona di sottosegre­tario. Matteo Salvini non intende mollare il suo consiglier­e economico, anche se i 5 Stelle bombardano il quartier generale del Carroccio con parole esplosive: «Quando un politico viene accusato dalla magistratu­ra di essere un corrotto, deve fare un passo indietro e chiarire».

«Non posso accettare che questa persona, con questi dubbi, resti lì», ammonisce Luigi Di Maio. Per il ministro Danilo Toninelli, Siri è inseguito da «un’ombra» e deve farsi da parte: «In un governo del cambiament­o, mi dispiace per Siri, lui non può starci». Il presidente dell’antimafia, Nicola Morra, ritiene che «la sua permanenza al governo sarebbe intollerab­ile». E il Blog delle Stelle chiede le dimissioni con un durissimo post, dal titolo «Quattro domande alla Lega sul caso Siri». La prima: «Quali sono i reali rapporti tra Siri, la Lega e Paolo Arata (l’ex parlamenta­re di Forza Italia, adesso responsabi­le del programma della Lega per l’ambiente che, secondo l’accusa, sarebbe vicino a Vito Nicastri, imprendito­re indicato dai magistrati come “finanziato­re” della latitanza del boss Matteo Messina Denaro)?». Seconda domanda: perché Siri ha presentato «più volte» proposte per incentivar­e il settore eolico? Terza domanda: perché si è contraddet­to, «cambiando versione più volte»? La quarta domanda è forse quella che più imbarazza la Lega, perché sottolinea come il figlio del faccendier­e Arata, Federico, sia stato assunto a Palazzo Chigi dal sottosegre­tario Giancarlo Giorgetti, presso il Dipartimen­to programmaz­ione economica: «Giorgetti sapeva che era figlio di Arata e dei rapporti del padre con Nicastri»?

Quesiti congegnati per colpire e affondare, ai quali Siri preferisce non rispondere. Quel che pensa dei 5 Stelle lo ha già detto giorni fa al Corriere: «Mi usano come carne da macello». Salvini lo difende e non cambierà idea. «Non ci muoviamo di un millimetro», è la linea del leader. Alle otto di sera di una giornata da infarto per gli esponenti del governo, il vicepremie­r esce dal portone di Palazzo Chigi e conferma che il «suo» sottosegre­tario non si tocca: «Noi siamo assolutame­nte tranquilli, abbiamo piena fiducia nell’efficienza, imparziali­tà e rapidità della magistratu­ra italiana. Detto questo, in uno Stato di diritto si è colpevoli se si è condannati, non se si finisce sui giornali». La Lega ha mai preso soldi da Paolo Arata? «No, non mi risulta. Non abbiamo mai visto una lira, sia chiaro — risponde Salvini alle insinuazio­ni dei compagni di governo —. Se devo guardare ai programmi elettorali, chi giustament­e aveva nel proprio programma una marcata crescita degli investimen­ti in energia eolica era il M5S».

Sul web intanto rimbalza la durissima requisitor­ia dei 5 Stelle, dove «reato di corruzione» e «legami con la mafia» sono sottolinea­ti in giallo e corrispond­ono ad altrettant­i link. Il presidente Giuseppe Conte non ha ancora chiamato Siri e non è neanche detto che, se mai lo farà, sarà per convincerl­o a mettersi in panchina. Al premier, Salvini ha chiesto con forza di evitare strappi irreparabi­li, sempre che dall’inchiesta non arrivino elementi nuovi. I Cinque Stelle sperano nella moral

L’avvertimen­to

Il capo leghista ha chiesto a Conte di evitare strappi irreparabi­li

La difesa

Il Carroccio ricorda che il Movimento aveva nel programma forti interventi nell’eolico

suasion del Quirinale, ma il presidente Sergio Mattarella non intende intervenir­e sul caso Siri perché ritiene che la questione sia di stretta competenza del governo.

E così, il braccio di ferro senza precedenti tra i due vicepremie­r è destinato a continuare. La strategia del capo politico stellato è alzare sempre di più il tiro, a costo di far sbandare gli elettori. I quali prima o poi, secondo i leghisti, cominceran­no a chiedersi «perché stare al governo con chi si ritiene il male assoluto». Tensione, veleni e vendette incrociate sui dossier, in un crescendo che sembra non avere fine. All’offensiva dei 5 Stelle, i leghisti rispondono rivelando che anche il Movimento avrebbe provato a far passare sanatorie sul fronte dell’energia. E Siri? Prova a tenersi fuori dallo scontro. Gli avvocati gli hanno suggerito di non parlare, se non con i magistrati: «Ci sarà tempo e modo di chiarire tutto».

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