Stupri di guerra, gli Stati Uniti annacquano la risoluzione
La condanna degli stupri usati come arma di guerra e gli aiuti alle donne vittime delle atrocità, prima bloccati alle Nazioni Unite e poi approvati con una risoluzione svuotata dei suoi contenuti principali per evitare un veto degli Stati Uniti. Ieri il Consiglio di sicurezza del Palazzo di Vetro è stato teatro di un dibattito molto teso: il testo preparato dalla presidenza tedesca prima è stato mutilato della parte relativa alla creazione di un organismo di monitoraggio delle violenze sulle donne osteggiato da un’inedita alleanza Cina-russiastati Uniti. Poi il documento è tornato in alto mare per il «no» di Washington agli aiuti sanitari alle vittime. Donald Trump, che ha abdagli
bracciato la crociata dei conservatori Usa contro l’aborto, non avalla interruzioni della gravidanza anche quando sono conseguenza di violenze feroci e sistematiche come quelle perpetrate in molti conflitti, dal Sud Sudan al genocidio della minoranza rohingya in Birmania.
La risoluzione, illustrata dal ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, un politico cattolico, e dall’attrice e attivista dei diritti umani Angelina Jolie in un editoriale pubblicato dal Washington Post, aveva due obiettivi: condannare le violenze di guerra sulle donne e aiutare le vittime. La prima parte è stata indebolita con la rinuncia al deterrente della creazione di un sistema di monitoraggio. Svuotata anche la seconda con l’eliminazione dei riferimenti alla «salute sessuale e riproduttiva» considerati Usa un supporto implicito all’aborto (impegni verbalmente ribaditi dai rappresentati europei e di altri Paesi come il Sudafrica).
La presidenza tedesca del Consiglio di sicurezza ha preferito rinunciare anche a questa parte pur di non offrire al mondo lo spettacolo di un’onu incapace di trovare l’accordo anche su una questione non controversa come quella degli stupri di guerra. Ma lo stesso segretario generale, Guterres, aveva giudicato essenziali gli impegni sulla salute sessuale e riproduttiva nel suo intervento d’apertura, seguito da quello dell’attivista Amal Clooney: un appello accorato a combattere «l’epidemia di violenza sessuale con l’unico antidoto possibile, la giustizia».
La ricerca di un compromesso sul linguaggio della risoluzione si è rivelata impresa proibitiva. In casi come questo si cerca di superare l’impasse ricorrendo al linguaggio usato in passato dall’onu su problemi analoghi. Ma gli Stati Uniti avevano messo le mani avanti dicendo di non condividere più le espressioni contenute nella risoluzione sulla violenza sessuale approvata dall’onu (e da Washington) nel 2013.
L’opposizione
Trump non avalla interruzioni della gravidanza anche quando sono conseguenza di violenze feroci come accade in molti conflitti