«Quelle torri di sostegno montate dopo mesi»
Finte cremazioni scandalo immondo
A proposito dei lavori per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova, finalmente i responsabili si sono decisi a far montare le torri di acciaio per supportare e mettere in sicurezza le pile est del ponte ( foto a sinistra) e consentire la riapertura alla circolazione di via Fillak, permettere ai residenti di accedere alle proprie case e sgombrarle in tutta calma. La mia domanda è: perché non si sono montate le torri subito dopo il crollo del ponte? Perché si sono persi mesi con la vicenda dei «sensori», costringendo i cittadini genovesi a corse pazze per accedere alle case e portare via quel poco che si è potuto trasportare, con il rischio di vedersi crollare addosso parti del moncone? Perché aspettare tanto? Perché non dare ascolto ai tecnici fin da subito? Agostino Rolando
Genova
Raccontò lo storico francese Jean-paul Roux in un libro straordinario edito da Garzanti, «Gli esploratori nel Medioevo», che dopo la morte di un uomo ad Hormuz, l’isoletta in faccia alla persiana Bandar Abbas a nord e a Dubai a sud, la durata del lutto era fissata in quattro anni, nel corso dei quali bisognava piangere almeno una volta al giorno.
Per carità, nessuno oggi pretende tanto. In una società dove scarseggia pietà per i vivi, esigere rispetto per i morti potrebbe suonare perfino esagerato. Il nuovo scandalo sulla truffa delle finte cremazioni in Trentino che avrebbero ridotto a merce più di 300 salme per risparmiare sullo smaltimento, però, è davvero troppo anche per un paese di stomaco forte come il nostro. Eppure, la schifezza immonda scoperta in località Asola a Scurelle, dove «bravi lavoratori» delle civilissime Alpi trentine cercavano di guadagnare più soldi possibili sui corpi delle persone appena perdute e piante da tanti figli, mariti, mogli, padri, è solo dell’ultimo episodio di una lunga scia di casi simili. Scoperti, denunciati, finiti a processo negli ultimi anni da una parte all’altra d’italia. Dal cimitero Flaminio di Roma al Maggiore di Chiesanuova di Padova, da Napoli a Massa Carrara. Centinaia di casi in cui i poveri resti di uomini, donne, vecchi, bambini consegnati dai parenti a quanti erano delegati dai Comuni alle cremazioni, sono stati mischiati insieme senza un minimo di decenza. Fino a superare i limiti dell’infamia. Come quando i carabinieri che indagavano su una grande società mortuaria lombarda arrivarono a intercettare conversazioni come questa su una piccola di sette anni: «È arrivato questa mattina il corpo di una bambina, che ne facciamo? Deve essere cremata?». «Mah, no, niente cremazione, buttala via, nell’immondizia, tanto è poca roba». «Cultura dello scarto», direbbe papa Francesco.
Torna in mente il «cantico delle creature» di San Francesco d’assisi. Con quelle parole finali dedicate appunto all’ultimo passaggio: «Laudato s’ mi Signore, per sora nostra Morte corporale, / da la quale nullu homo vivente pò skappare: / guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, / ka la morte secunda no ‘ l farrà male». Chissà se quanti svuotavano le bare ci hanno mai pensato un solo secondo…
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