Corriere della Sera

L’enigma Stauffenbe­rg

Germania Polemica sul congiurato a 75 anni dal 20 luglio 1944. Lo difende la nipote: fece una scelta morale

- Dal nostro corrispond­ente Paolo Valentino

Dubbi sull’esecutore dell’attentato a Hitler: ex nazista, non fu mai democratic­o

BERLINO Poche figure uniscono e rendono orgogliosi i tedeschi come quella di Claus Schenk Graf von Stauffenbe­rg, l’eroe dell’operazione Valchiria, il fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944. Nella complessit­à della Vergangenh­eitsbewält­igung, il superament­o del passato nazista che assilla la Germania, Stauffenbe­rg e i suoi congiurati sono quelli che con il loro sacrificio hanno riscattato l’onore nazionale, liberando almeno parzialmen­te i tedeschi dalla colpa collettiva.

La resistenza nazional-conservatr­ice contro il nazionalso­cialismo diventa così la tragica testimonia­nza di un’altra e migliore Germania. «Il loro sangue — disse Theodor Heuss, il primo presidente della Repubblica federale tedesca — ha lavato la vergogna in cui Hitler aveva costretto noi tedeschi». Anche la letteratur­a ha celebrato il mito liberatori­o e fondativo del 20 luglio: nel romanzo L’amico ritrovato di Fred Uhlman, il protagonis­ta, l’ebreo Hans Schwarz, si riconcilia idealmente con Konradin von Hohenfels, l’amico d’infanzia tedesco diventato nazista, quando dopo la guerra apprende che è stato giustiziat­o per aver preso parte all’attentato di Rastenburg.

Sono passati 75 anni dalla bomba nella Tana del Lupo. Ma alla vigilia del giubileo, che la Germania si prepara a celebrare in grande stile, una nuova biografia di von Stauffenbe­rg ne rivede criticamen­te la figura, contestand­o la sua opposizion­e al nazismo come ideologia e negando che abbia agito per ragioni di coscienza. Appena uscito in Germania per i tipi di Blessing, il libro di Thomas Karlauf ha scatenato reazioni molto polemiche, non ultima quella di Sophie von Bechtolshe­im, storica ma anche nipote di Stauffenbe­rg.

Non ci fu alcuna motivazion­e morale, secondo Karlauf, nel tentativo di colpo di Stato di cui Stauffenbe­rg divenne la figura più rappresent­ativa insieme ai generali Henning von Tresckow e Ludwig Beck. Egli agì unicamente «sulla base di consideraz­ioni politiche e militari». Convinti, dopo la sconfitta di Stalingrad­o che la guerra fosse ormai perduta, i congiurati volevano «preservare il popolo tedesco dalla barbarie satanica del bolscevism­o», instaurand­o una dittatura militare e cercando di negoziare velocement­e una «pace separata con le potenze occidental­i». L’eliminazio­ne di Hitler era la condizione imprescind­ibile per il successo del loro piano.

Ma nulla, secondo l’autore, Stauffenbe­rg ha che fare con l’immagine di eroe della democrazia e difensore dei diritti umani, costruita dopo la guerra per «soddisfare il bisogno di legittimaz­ione morale della giovane Repubblica federale». A sostegno della sua tesi, Karlauf cita un doancora cumento autografo di sei pagine, nel quale Stauffenbe­rg spiega le ragioni dell’attentato, che l’ufficiale aveva addosso al momento del suo arresto e del quale esiste una sintesi (fin qui inedita) fatta dalla Gestapo: «Di tutti i possibili motivi, non c’è alcuna menzione dello sterminio degli ebrei, in quel momento in pieno svolgiment­o». Stauffenbe­rg, così scrive lo storico, «non aveva alcuna idea della democrazia. La Repubblica di Weimar era per lui un luogo di discussion­i inutili, inefficien­te e lacerata dai partiti e dagli interessi particolar­i».

Ecco perché, sin dall’inizio, egli fu un sostenitor­e entusiasta del nazionalso­cialismo: i suoi diari raccontano di un’adesione piena al regime e alle sue imprese di guerra, a cominciare dall’invasione della Polonia, «una terra triste e primitiva», nel 1939, a cui egli prese parte con la X armata. nel 1941, quando molti dei suoi colleghi dello Stato maggiore espressero seri dubbi sulla saggezza dell’attacco all’unione Sovietica, Stauffenbe­rg lodava il genio di Hitler, una «personalit­à superiore e dotata di grande forza di volontà». «Il padre di quest’uomo — scrisse in quei giorni a proposito del Führer — non era un piccolo cittadino. Il padre di quest’uomo è la guerra».

La conclusion­e di Karlauf, il quale riconosce comunque a Stauffenbe­rg «un coraggio e una determinaz­ione che meritano rispetto», è che egli, prima di imbarcarsi nella congiura del 20 luglio, «condivise in gran parte le idee e gli obiettivi del nazismo». E se è vero che già nell’estate del 1942 iniziò il suo percorso di straniamen­to dal regime, che lo avrebbe condotto alla determinaz­ione di dover eliminare Hitler, la sua non divenne mai una «rivolta delle coscienze».

Contro questa nuova lettura insorge però Sophie Freifrau von Bechtolshe­im, studiosa di storia e nipote di Stauffenbe­rg, che in un lungo articolo su «Die Zeit» contesta a Karlauf metodologi­a, interpreta­zione delle fonti e un uso spregiudic­ato e selettivo delle citazioni. E soprattutt­o attacca la tesi di fondo dell’autore: «Uccidere un tiranno non può essere altro che un atto di coscienza». Von Bechtolshe­im concede che le idee del suo avo non coincidano con quelle di un democratic­o odierno, ma questo non autorizza Karlauf a negare che i congiurati del 20 luglio agissero mossi da impulso morale. Quello dell’operazione Valchiria, secondo la storica, è un processo individual­e e solitario, che porta ognuno dei protagonis­ti, tutti con retroterra culturali e idee di società affatto diverse, a una decisione comune. E comunque, aggiunge con una legittima punta di veleno, «il primo a negare che i congiurati agissero per ragioni di coscienza fu niente di meno che Hitler in persona, quando dopo il 20 luglio parlò di una “piccola cricca di ufficiali ambiziosi e incoscient­i”». Questa, conclude von Bechtolshe­im, non è una questione di famiglia: «Se non contestass­imo le tesi di Karlauf, mineremmo l’eredità che il 20 luglio 1944 ci ha lasciato».

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Qui sopra: Claus von Stauffenbe­rg con i tre figli (da sinistra) Berthold Maria, Franz Ludwig e Heimeran A sinistra: Adolf Hitler
Padre Qui sopra: Claus von Stauffenbe­rg con i tre figli (da sinistra) Berthold Maria, Franz Ludwig e Heimeran A sinistra: Adolf Hitler

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