I Simpson trent’anni dopo: più politicamente corretti
Famiglia tradizionale e autocensure: il cartoon perde l’irriverenza
N asci incendiario, muori pompiere. La parabola di molti ribelli che diventati adulti finiscono remissivi e integrati al sistema rischia di diventare la traiettoria creativa dei Simpson, schiacciati dal politicamente corretto e dal conformismo neopuritano che riduce tutto a un pensiero unico che inaridisce la libertà espressiva.
I Simpson festeggiano i 30 anni — su Fox+1 da domani un canale dedicato ai migliori episodi; su Italia 1 in autunno la 30ª stagione — ma forse c’è poco da celebrare perché anche la più prospera spinta propulsiva alla fine sfiorisce in una recessione creativa. Creati a immagine e somiglianza della sua stessa famiglia da Matt Groening («dare a Bart il mio nome sarebbe stato troppo ovvio»), i Simpson sono la rappresentazione deformata e dunque ancora più reale della famiglia media americana: nel paradosso dei singoli caratteri si coglie l’essenza (bassa) dell’animo umano. Anarchica, dissacrante, politicamente scorretta, corrosiva: è sempre stata questa la forza della serie, non fare sconti a nessuno, a partire dal capobranco wasp Homer — inetto come pochi — che era il lasciapassare per ironizzare su tutto e tutti, per fare sarcasmo su stereotipi razziali, religiosi, di genere, senza In onda dal 1989 I figli Bart, Lisa e Maggie con Marge e Homer: la serie creata da Matt Groening è giunta alla stagione numero 30 essere accusati di pregiudizi.
Ma anni di politicamente corretto hanno lavorato sotto traccia, così nella società dell’indignazione a misura di social Cancellato
Il gestore indiano del Jet Market Apu è stato accusato di razzismo si sono rimosse le parole «sbagliate», si sono messi all’indice termini scorretti e gli stereotipi sono diventati degni di caccia alle streghe.
Sono lontani i tempi in cui Matt Groening poteva andare fiero di rivendicare che «ogni puntata fa arrabbiare qualcuno e questo mi rende felice». Ora non più, colpa del tempo che passa e della società che cambia. I Simpson sono rimasti ancorati a un tempo che non c’è più, prototipo di una famiglia in via di estinzione: i rapporti sentimentali sono sempre più liquidi, ma la famiglia Simpson resiste graniticamente unita, al di là del fatto che in un episodio si sia celebrato il divorzio tra Marge e Homer («il matrimonio è una bara e ogni figlio è un chiodo in più»). Altre crepe sono ben più profonde. Il caso Apu è emblematico, fatto secco da un colpo ben assestato di politicamente corretto. Il gestore indiano del Jet Market ● Domani si accende (fino al 2 maggio) Fox Simpson Domination, la rassegna che dà l’opportunità di rivedere i migliori episodi dei Simpson sul canale 113 di Sky su Fox+1 di Springfield aperto h 24, un marcato accento che tradisce le sue origini, cavalcava i luoghi comuni. E per questo è finito sotto accusa. Sull’onda della polemica montante, Groening ha provato a difendersi: «Qualcosa che quando iniziò decenni fa era apprezzato e considerato non offensivo, ora è ritenuto politicamente scorretto. Cosa ci possiamo fare?». La risposta è stata una sconfitta, perché Apu è stato cancellato e rimarrà vivo solo nell’empireo dei ricordi indù.
Anche Michael Jackson è stato bruciato sull’altare della correttezza a ogni costo. Dopo l’uscita del documentario Leaving Neverland sui presunti abusi sessuali della popstar, l’episodio in cui il cantante era protagonista è stato cancellato. Uno dei produttori, James L. Brooks, ha dato una spiegazione che non convince fino in fondo: «Sono contro i roghi di libri di qualsiasi tipo, ma trattandosi di un nostro libro abbiamo il permesso di tirar fuori un capitolo». Dimenticando la legge base della satira: un comico, tanto più un cartone animato, non deve mai essere preso sul serio e non deve diventare autorevole. Se lo diventa il problema è di chi guarda.
I casi
Eliminati l’indiano Apu dopo le accuse di razzismo e l’episodio con Michael Jackson