Hotel, gallerie d’arte, biblioteche La svolta profana delle ex chiese
Crisi dei luoghi sacri, il dibattito: «Salvarli dal degrado: meglio l’uso sociale»
Navate trasformate in spazi espositivi, sacrestie in librerie, absidi diventate il perimetro di stanze da letto. Ma persino, nei casi più estremi (e quasi mai in Italia), chiese e cappelle rinate sottoforma di hotel e bar. La seconda vita dei luoghi di culto sconsacrati è ormai una realtà che forse, in tempi di crisi delle vocazioni e conseguenti soppressioni di alcuni ordini, potrebbe diventare un’urgenza, per evitare il degrado progressivo con cui un’architettura abbandonata si trova a fare i conti. Obiettivo, salvaguardare un patrimonio culturale e spirituale. Se ne è occupata lo scorso novembre la Conferenza Episcopale Italiana nel convegno dal titolo provocatorio «Dio non abita più qui?», da cui già traspare il dibattito sulla liceità o meno del cambio d’uso di un luogo che, nell’essere sconsacrato, non perde il suo valore immateriale. In realtà,
alla fine, le linee guida stilate dalla Cei non si oppongono alla riconversione di questi spazi, anzi. Ma esortano a individuare finalità culturali e sociali, evitando il più possibili gli utilizzi puramente commerciali. Quindi mai luoghi «di vendita» o abitazioni?
«Era sconsacrata da molti anni. Da Napoleone, che ne fece scempio decapitando tutte le statue di santi, le traversie arrivarono al ‘900, in cui diventò un deposito di carrarmati e alla fine fu abbandonata. Pur essendo un’architettura pregevole e unica chiesa a 5 navate della città», racconta la gallerista Enrica De Micheli della chiesa cinquecentesca di Sant’agostino, nel centro storico di Piacenza, da lei trasformata sei mesi fa con il nome «Volumnia» in galleria di antiquariato e design. La partecipazione a un bando con un progetto, e l’aggiudicazione: «Per creare uno spazio esposito». tivo, permanente e per mostre culturali temporanee: un contenitore artistico a disposizione della città, a cui far scoprire gli oggetti creando un dialogo più intimo con il luogo», spiega. I lavori, rispettosi ma valorizzanti della struttura: «Dalla messa in sicurezza di intonaci e statue, alla pedana per l’esposizione, in resina bianca, basse e semplici per far risaltare il pavimento preesistente, ma usate anche per nascondere i tubi del teleriscaldamen-Prossimi passi saranno un bistrot nell’area esterna («Una struttura leggera con tanto vetro, perché dietro si legga l’architettura») e una libreria d’arte e letteratura nella
Mario Botta
«Non mi scandalizza renderle case private ma io penso piuttosto a spazi di accoglienza»
sacrestia: «Come fosse una biblioteca, dove i volumi si potranno consultare», precisa De Micheli. Perché chiunque trovi l’occasione per entrare e fermarsi a godere del luogo.
Restituire un’architettura che era sacra alla collettività può diventare il nuovo senso da dare a queste riconversioni. L’ha fatto Tobia Scarpa con l’ex chiesa di San Teonisto a Treviso, oggi auditorium e spazio eventi grazie alla Fondazione Benetton: «L’edificio aveva perso la sua memoria mistica: non c’erano più opere d’arte e simboli religiosi, il tetto originario era stato bombardato. E il luogo in completo degrado», racconta Scarpa che, dopo il restauro conservativo, ha aggiunto gradinate, ripiegabili all’occorrenza e lampadari a led dal design contemporaneo, rendendo questo spazio vivo e fruibile. «Salvaguardando la storicità del luogo, ritengo che sia sempre lecito il recupero piuttosto dell’abbandono o delle demolizione», argomenta Scarpa. Della stessa opinione è Mario Botta, architetto autore di molti progetti di chiese, che punterebbe però su un uso di carattere sociale: «I luoghi di culto portano in sé situazioni di silenzio e meditazione. Occorre che questi valori non vadano persi: per esempio potrebbero essere riconvertiti in un’abitazione temporanea per rifugiati. Anche se sconsacrata, una chiesa rimane portatrice di memorie culturali collettive che, come tali, vanno salvaguardate attraverso riconversioni “etiche”». Eppure, soprattutto nel nord Europa e negli Stati Uniti, sono frequenti le trasformazioni di chiese e cappelle sconsacrate in hotel, bar e persino abitazioni private. Fino a che punto è lecito farlo? Botta non è contrario: «Anche se credo che su un edificio di particolare valore storico occorra astenersi da questi tipi di utilizzi. Meglio un impiego che lo restituisca alla comunità. Anche temporaneo — dice e conclude —, in ogni caso è sempre meglio evitare atteggiamenti consumistici troppo disinvolti». Come dire, sì a una cappella come casa, ma con rispetto.