Applausi al funerale per il padre violento
Le grida degli amici ai funerali dell’uomo ucciso dalla figlia La giovane e la madre hanno scelto di non partecipare
Èstato ucciso dalla figlia l’ex pugile Lorenzo Sciacquatori. Padre e marito violento. Ieri ai funerali è stato applaudito: «Lorenzo sei un grande», hanno gridato gli amici.
MONTEROTONDO Deborah Sciacquatori non c’è. E nemmeno la madre Antonia. «Resteranno dove sono fino a quando sarà necessario», annuncia l’avvocato della 19enne, Sara Proietti. Ma ieri in piazza San Michele, a Monterotondo Scalo, in più di 300 hanno dato l’ultimo saluto a Lorenzo, ucciso dalla figlia per difendere madre e nonna dall’ennesima aggressione dell’ex pugile, che, ubriaco e drogato, aveva reso la loro vita un vero incubo.
La ragazza è accusata di eccesso colposo di legittima difesa, dopo che la Procura di Tivoli ha derubricato il reato di omicidio volontario rimettendola in libertà. La parte più popolare della cittadina alle porte di Roma riserva tuttavia solo applausi al padre della giovane. All’ingresso del feretro nella chiesa della Vergine Santissima del Carmine e — ancora più forti — all’uscita, fra due ali di folla. «Lorenzo, sei il più grande!»: le grida si levano da più parti mentre le campane rintoccano a morto. Qualcuno bussa sulla bara. Giovani e meno giovani scortano il carro funebre fino al cimitero. Donne e ragazze scoppiano in lacrime. «Non era il mostro che avete descritto. Aveva problemi per colpa di compagnie sbagliate, ma era buono e non meritava questa fine. La figlia doveva esserci, almeno per rispetto», dicono.
Fotografi e cameramen sono considerati nemici dentro e fuori la chiesa. Per loro vietato entrare. In due non accettano il diktat, si mimetizzano fra i fedeli vicino all’altare. La telecamera è spenta, ma qualcuno si accorge di loro e scatta l’aggressione. «Non qui dentro!», implora al microfono padre Joseph Parambil, il parroco indiano che celebra i funerali, interrompendo l’eucarestia. Il parapiglia dura qualche attimo: l’assedio viene spezzato da altri fedeli che allontanano gli operatori. A tre fotografi rimasti in piazza in attesa dell’uscita del feretro accade di peggio: «Se non ve ne andate, vi mettiamo in fila dietro la bara», è la minaccia di un giovane che poi con altri continua a fissarli a lungo. L’ennesima giornata complicata per i media in questa parte di Monterotondo, dove tutti sapevano quello che per anni è successo a casa di Deborah, negli alloggi popolari in via Aldo Moro, ma nessuno ha mai veramente aiutato la ragazza e la madre a trovare una via d’uscita. Nell’omelia padre Joseph preferisce affidarsi alle letture, parla del «coraggio di chi perdona» e della «misericordia di chi ha un cuore grande». L’anziana madre dell’ex pugile, cieca da due mesi dopo essere stata colpita da ischemia, viene accompagnata in carrozzella fin davanti alla bara. L’abbraccia, la bacia, piange. La riportano a casa. Quella mattina Deborah è intervenuta anche per salvare lei. «Ma era pur sempre il figlio — commentano nei primi banchi —. Lo aveva perdonato subito, come ha fatto sempre».