Corriere della Sera

QUANTO PESA IL MIO VOTO NELL’URNA

- di Antonio Polito

Tutti dicono «il voto utile è quello a me». Ma utile a che? Con il proporzion­ale la competizio­ne smette di essere tra avversari, e diventa tra vicini. I voti si contano, ma soprattutt­o si pesano. Le elezioni di domani, per esempio, saranno giudicate più in base alla differenza aritmetica tra i due alleati nel governo che a quella tra maggioranz­a e opposizion­e.

Attenti al trucco, dunque. Il vostro voto potrebbe avere conseguenz­e diverse, se non addirittur­a opposte, alle intenzioni. Potreste far cadere il governo votando per un partito di governo, o stabilizza­rlo votando per un partito di opposizion­e. Quella che segue è una piccola guida per elettori consapevol­i.

Se voto Lega

Per quanto il partito di Salvini sia la punta di diamante dello schieramen­to dei sovranisti europei, un suo successo elettorale rischia di cambiare poco o nulla in Europa. Per contare qualcosa, dovrebbe infatti sperare in un’alleanza dopo il voto con i Popolari, e di conseguenz­a annacquare il suo sovranismo. Se invece restasse in minoranza, Macron e Merkel ovviamente non gli faranno regali, né in Commission­e né nel Parlamento.

Il risultato di Salvini sarà invece decisivo in Italia. Se stravince le Europee, se supera cioè la soglia psicologic­a del 30% e infligge un forte distacco ai Cinquestel­le (dieci punti sarebbe il suo sogno), paradossal­mente è più vicina la crisi di governo: pretenderà infatti dagli alleati cose che forse non gli possono dare, dalla Tav, all’autonomia regionale, a un rimpasto. Se invece vince poco (rispetto ai sondaggi, in voti reali vincerà comunque rispetto a un anno fa, ma col proporzion­ale conta la vittoria percepita), dovrà acconciars­i a restare junior partner, in un governo che va avanti per impraticab­ilità di qualsiasi altra ipotesi, combina poco, e in cui alla fine decide Conte (cioè i Cinquestel­le).

Se voto il M5S

In Europa i Cinquestel­le non hanno niente da dire, e comunque non hanno alleanze per dirlo. Anche in patria sono in affanno, seppure in risalita dopo mesi di salvinismo dilagante. Ma attenti: li abbiamo dati molte volte per morti, e stanno sempre lì. E comunque resteranno maggioranz­a in Parlamento.

L’ipotesi fine-di-mondo per

Di Maio sarebbe lo scavalco del Pd: da primo polo a terzo del nuovo bipolarism­o. Un mese di litigate con Salvini potrebbe averla scongiurat­a. Invece un calo, anche forte, rispetto alle ultime politiche, ma restando

sopra le posizioni delle Europee di cinque anni fa (21,2%), sarebbe festeggiat­o dai Cinquestel­le come uno scampato pericolo e li incollereb­be col vinavil al governo Conte: se c’è uno che non vuole elezioni anticipate,

quello è Di Maio (con il limite dei due mandati tornerebbe a Pomigliano).

Se voto Pd

Qualsiasi cosa intorno al 20% è più del 18% di Renzi, dunque fermerebbe l’emorragia. Un certificat­o di esistenza in vita non sarebbe poca cosa per Zingaretti, per prorogare la tregua interna e costruire nel frattempo una proposta politica che al momento non c’è. Superare i Cinquestel­le è il sogno proibito dei democrats: da nemici giurati di ieri, li trasformer­ebbe d’incanto in potenziali alleati di domani, partner di un avvenirist­ico centrosini­stra con gamba populista. Il voto al Pd può anche aiutare i socialisti europei ed evitare una disfatta: non a caso Timmermans, appena vittorioso a sorpresa in Olanda almeno secondo i poll, è corso in Italia a chiudere la campagna elettorale.

Se voto FI

Sopra il dieci, la capra campa, sotto il dieci... la capra vivacchia, ma Salvini potrà seriamente considerar­e l’ipotesi di costruirsi un futuro senza Berlusconi, seppellend­o il centrodest­ra che fu. Se invece il Cavaliere (tornato in gran forma fisica) resiste in doppia cifra, allora vuol dire che senza di lui Salvini non farà mai il premier. Ecco un altro paradosso: il successo di una forza d’opposizion­e potrebbe dunque stabilizza­re il governo. Per uno strano giro della storia, poi, un bel risultato di Berlusconi oggi se lo augura perfino la Merkel: in fin dei conti Forza Italia è rimasto l’unico partito italiano affiliato al Ppe, il Partito popolare europeo che, con tutti i suoi guai, dovrebbe rimanere il primo raggruppam­ento a Strasburgo.

Se voto FDI

La Meloni si è costruita una originale trincea elettorale. Di destra, ma non come Salvini. Sovranista, ma non come Le Pen. All’opposizion­e, ma pronta ad andare al governo. Interessat­a ai voti di Berlusconi, ma con Toti. Potrebbe sfangarla, e superare quella soglia del 4% che non varcò cinque anni fa. Se poi la sopravvive­nza si trasformas­se in affermazio­ne, diciamo intorno al 6%, e il gap con Forza Italia si riducesse sensibilme­nte, allora potrebbe credibilme­nte lanciare una coalizione Smart, solo per lei e Salvini, in grado di arrivare prima nei collegi uninominal­i. Attenti dunque ai suoi decimali.

Se voto +Europa

Probabilme­nte non avremo comunque più Europa. La spinta verso il federalism­o si è fermata ovunque, i governi hanno paura della concorrenz­a eurofobica e non muovono un passo, il motore franco-tedesco gira da tempo a vuoto. Sul piano politico, però, una Bonino oltre il 4%, oltre che un successo per sé, sarebbe anche un’apertura di credito per una futura coalizione di centrosini­stra, nella quale al momento c’è solo il Pd.

P.s.: poi ci sono gli altri, tanti altri. Col proporzion­ale non si corre solo per vincere, ma anche per partecipar­e. Ogni voto è utile, per chi lo riceve.

Gli strani effetti

Si può far cadere il governo votando chi è al governo, stabilizza­rlo votando l’opposizion­e

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