QUANTO PESA IL MIO VOTO NELL’URNA
Tutti dicono «il voto utile è quello a me». Ma utile a che? Con il proporzionale la competizione smette di essere tra avversari, e diventa tra vicini. I voti si contano, ma soprattutto si pesano. Le elezioni di domani, per esempio, saranno giudicate più in base alla differenza aritmetica tra i due alleati nel governo che a quella tra maggioranza e opposizione.
Attenti al trucco, dunque. Il vostro voto potrebbe avere conseguenze diverse, se non addirittura opposte, alle intenzioni. Potreste far cadere il governo votando per un partito di governo, o stabilizzarlo votando per un partito di opposizione. Quella che segue è una piccola guida per elettori consapevoli.
Se voto Lega
Per quanto il partito di Salvini sia la punta di diamante dello schieramento dei sovranisti europei, un suo successo elettorale rischia di cambiare poco o nulla in Europa. Per contare qualcosa, dovrebbe infatti sperare in un’alleanza dopo il voto con i Popolari, e di conseguenza annacquare il suo sovranismo. Se invece restasse in minoranza, Macron e Merkel ovviamente non gli faranno regali, né in Commissione né nel Parlamento.
Il risultato di Salvini sarà invece decisivo in Italia. Se stravince le Europee, se supera cioè la soglia psicologica del 30% e infligge un forte distacco ai Cinquestelle (dieci punti sarebbe il suo sogno), paradossalmente è più vicina la crisi di governo: pretenderà infatti dagli alleati cose che forse non gli possono dare, dalla Tav, all’autonomia regionale, a un rimpasto. Se invece vince poco (rispetto ai sondaggi, in voti reali vincerà comunque rispetto a un anno fa, ma col proporzionale conta la vittoria percepita), dovrà acconciarsi a restare junior partner, in un governo che va avanti per impraticabilità di qualsiasi altra ipotesi, combina poco, e in cui alla fine decide Conte (cioè i Cinquestelle).
Se voto il M5S
In Europa i Cinquestelle non hanno niente da dire, e comunque non hanno alleanze per dirlo. Anche in patria sono in affanno, seppure in risalita dopo mesi di salvinismo dilagante. Ma attenti: li abbiamo dati molte volte per morti, e stanno sempre lì. E comunque resteranno maggioranza in Parlamento.
L’ipotesi fine-di-mondo per
Di Maio sarebbe lo scavalco del Pd: da primo polo a terzo del nuovo bipolarismo. Un mese di litigate con Salvini potrebbe averla scongiurata. Invece un calo, anche forte, rispetto alle ultime politiche, ma restando
sopra le posizioni delle Europee di cinque anni fa (21,2%), sarebbe festeggiato dai Cinquestelle come uno scampato pericolo e li incollerebbe col vinavil al governo Conte: se c’è uno che non vuole elezioni anticipate,
quello è Di Maio (con il limite dei due mandati tornerebbe a Pomigliano).
Se voto Pd
Qualsiasi cosa intorno al 20% è più del 18% di Renzi, dunque fermerebbe l’emorragia. Un certificato di esistenza in vita non sarebbe poca cosa per Zingaretti, per prorogare la tregua interna e costruire nel frattempo una proposta politica che al momento non c’è. Superare i Cinquestelle è il sogno proibito dei democrats: da nemici giurati di ieri, li trasformerebbe d’incanto in potenziali alleati di domani, partner di un avveniristico centrosinistra con gamba populista. Il voto al Pd può anche aiutare i socialisti europei ed evitare una disfatta: non a caso Timmermans, appena vittorioso a sorpresa in Olanda almeno secondo i poll, è corso in Italia a chiudere la campagna elettorale.
Se voto FI
Sopra il dieci, la capra campa, sotto il dieci... la capra vivacchia, ma Salvini potrà seriamente considerare l’ipotesi di costruirsi un futuro senza Berlusconi, seppellendo il centrodestra che fu. Se invece il Cavaliere (tornato in gran forma fisica) resiste in doppia cifra, allora vuol dire che senza di lui Salvini non farà mai il premier. Ecco un altro paradosso: il successo di una forza d’opposizione potrebbe dunque stabilizzare il governo. Per uno strano giro della storia, poi, un bel risultato di Berlusconi oggi se lo augura perfino la Merkel: in fin dei conti Forza Italia è rimasto l’unico partito italiano affiliato al Ppe, il Partito popolare europeo che, con tutti i suoi guai, dovrebbe rimanere il primo raggruppamento a Strasburgo.
Se voto FDI
La Meloni si è costruita una originale trincea elettorale. Di destra, ma non come Salvini. Sovranista, ma non come Le Pen. All’opposizione, ma pronta ad andare al governo. Interessata ai voti di Berlusconi, ma con Toti. Potrebbe sfangarla, e superare quella soglia del 4% che non varcò cinque anni fa. Se poi la sopravvivenza si trasformasse in affermazione, diciamo intorno al 6%, e il gap con Forza Italia si riducesse sensibilmente, allora potrebbe credibilmente lanciare una coalizione Smart, solo per lei e Salvini, in grado di arrivare prima nei collegi uninominali. Attenti dunque ai suoi decimali.
Se voto +Europa
Probabilmente non avremo comunque più Europa. La spinta verso il federalismo si è fermata ovunque, i governi hanno paura della concorrenza eurofobica e non muovono un passo, il motore franco-tedesco gira da tempo a vuoto. Sul piano politico, però, una Bonino oltre il 4%, oltre che un successo per sé, sarebbe anche un’apertura di credito per una futura coalizione di centrosinistra, nella quale al momento c’è solo il Pd.
P.s.: poi ci sono gli altri, tanti altri. Col proporzionale non si corre solo per vincere, ma anche per partecipare. Ogni voto è utile, per chi lo riceve.
Gli strani effetti
Si può far cadere il governo votando chi è al governo, stabilizzarlo votando l’opposizione