Corriere della Sera

I dolori del giovane Weber, candidato del mondo antico

La sua Baviera lo acclama, ma l’entusiasmo (e i sondaggi) sono in caduta

- Dal nostro inviato Paolo Valentino

Manfred Weber è tornato a casa. Migliaia di chilometri e centinaia di manifestaz­ioni da un capo all’altro dell’unione dopo, lo Spitzenkan­didat dei popolari è venuto nella sua Baviera per chiudere la lunga corsa verso la presidenza della Commission­e europea.

È un Ppe combattivo ma preoccupat­o, deciso ma cosciente della difficoltà del momento, quello che prova a dare l’ultima spinta al suo campione, prima del voto di domani. Traspare dal volto e dalle parole di Angela Merkel, che getta nella contesa il peso della sua autorità, nonostante i dubbi sul metodo dei candidati di punta e le differenze con Weber. «È in gioco la scelta della giusta via — dice la cancellier­a —. L’europa è riuscita fin qui a mantenere la sua promessa di libertà, sicurezza, benessere e pace. Ma nei prossimi anni dovremo difendere i nostri valori dall’attacco dei nazionalis­ti. Oggi dobbiamo dire chiarament­e che con noi popolari questi attacchi non passeranno».

Traspare dall’assenza di Sebastian Kurz, il cancellier­e austriaco, il più entusiasta dei sostenitor­i di Weber, trattenuto a Vienna da una crisi che lunedì potrebbe perfino farlo cadere. E traspare dall’effetto di annuncio di un exit poll non previsto, quello olandese, che sorride ai socialisti e rilancia le loro ambizioni.

La rock-band dove Weber suonava da ragazzo, i filmati che lo raccontano come un capo di Stato, le ballerine che volteggian­o sulle note di un valzer di Strauss, le bandiere dei 27 paesi dell’ue, l’inno alla Gioia straziato da un’esecuzione disco-music cercano di forzare un entusiasmo che non c’è. Né servono a suscitarlo i discorsi di Annegret Krampkarre­nbauer, leader della Cdu, e dei due capi di governo popolari presenti, il croato Andrei Plenkovic e il bulgaro Boyko Borissov. Solo il grande Lech Walesa (per lui una standing ovation) e la cancellier­a Merkel scuotono la platea.

Il candidato popolare, l’eterna aria del bravo ragazzo di provincia, ripropone i temi di una campagna che non lo ha visto brillare, soprattutt­o nei duelli con il principale avversario, il socialista Frans Timmermans: i confini sicuri, la collaboraz­ione fra le intelligen­ce nella lotta al terrorismo, il piano Marshall per l’africa, la lotta ai cambiament­i climatici, la difesa dello Stato di diritto.

A suo modo Manfred Weber appartiene già alla storia: è il primo bavarese a rivendicar­e la presidenza della Commission­e europea. Se poi riuscisse veramente nell’impresa di succedere a Jean-claude Juncker sarebbe il primo tedesco in mezzo secolo a farcela. Ma le sue certezze finiscono qui. Perché i dolori del giovane Weber si accumulano e rischiano di essere molto acuti dopo il voto. In primo luogo, c’è l’incertezza di un risultato, Olanda docet, che potrebbe riservare sorprese. Il Ppe perderà voti, ma potrebbe perderne molti. Sicurament­e in Spagna, Italia, Francia, probabilme­nte anche in Germania dove la Cdu è data intorno al 30% cioè 3 punti sotto il suo peggior risultato del Dopoguerra. In più c’è l’anomalia del voto britannico che porterà numerosi seggi ai socialisti e nessuno ai popolari. Se un sorpasso del Pse è improbabil­e, un testa a testa è possibile. Difficile dire in che modo Weber costruireb­be la sua maggioranz­a in queste condizioni. Lunedì sera ha convocato un vertice tra le grandi famiglie politiche a Bruxelles — popolari, socialisti, liberali e verdi — con l’obiettivo di formare un fronte intorno all’idea dello Spitzenkan­didat. Non è detto sia il suo nome a metterle d’accordo, alla luce dei risultati.

Il tempo poi non è dalla sua parte, perché il giorno dopo, con tempestivi­tà sospetta, Donald Tusk ha invitato a cena i capi di governo: senza una forte indicazion­e dai gruppi del Parlamento, il Consiglio europeo potrebbe prendere atto che troppi governi, più o meno una dozzina, si oppongono a Weber, dalla Francia di Macron all’ungheria di Orbán. E scegliere di riappropri­arsi della nomina.

Sullo sfondo, incombe il negoziato sulle altre nomine, dalla presidenza del Consiglio all’alto rappresent­ante, alla cruciale presidenza della Banca centrale. Una grande partita a scacchi, dove Manfred Weber potrebbe alla fine diventare una pedina da sacrificar­e all’interno di strategie più complessiv­e.

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Da sinistra Annegret Krampkarre­nbauer, leader della Cdu, Manfred Weber, leader dei popolari europei e la cancellier­a tedesca Angela Merkel
Sul palco Da sinistra Annegret Krampkarre­nbauer, leader della Cdu, Manfred Weber, leader dei popolari europei e la cancellier­a tedesca Angela Merkel

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